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Il paese del cortile

(Riceviamo da Roma e volentieri pubblichiamo)

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Con grande acume l’economista Arnaldo Bagnasco, oltre venti anni fa, ammoniva come sia impreciso parlare di “due Italie”, una del centro-nord in costante movimento e avviata verso la modernizzazione ed una del sud e delle isole in stallo di sviluppo, se non in arretramento. E precisava che di Italie, per modelli di sviluppo, ce ne sono almeno quattro: una del nord-ovest, una del nord-est, una del centro e una del sud e delle isole.

Naturalmente non si sbagliava e tutti gli studi e le analisi sull’economia del nostro Paese hanno  confermato queste diverse tipologie dello sviluppo territoriale.

Ma se guardiamo a quanto è potuto accadere in Italia in questi ultimi anni e soprattutto in questi ultimi mesi, io credo –  e non provocatoriamente – che di Italie ce ne siano in effetti sempre e solo due. E non  tanto riconducibili a differenze socio-geografiche (nord e sud), o di reddito (regioni ricche e regioni povere), o di genere (uomini e donne), o di classi di età (vecchi e giovani), o ancora etnico-culturali (Italia di pura razza padana… e Italia contaminata dagli extra-comunitari).

Nessuna infatti di queste contrapposizioni può reggere di fronte a quella - che avremmo  voluto seppellita con il Ventennio - tra Italia dei “furbi”, come la chiamava Prezzolini, e Italia dei “fessi”, tra “Italia da cortile” e Italia moderna. Laddove l’Italia da cortile è quella che ogni giorno ci viene propinata nella sua indisponente beceraggine e nella sua totale mancanza di stile dal Premier Berlusconi, un uomo che si fa vanto di interpretare il peggio del carattere nazionale italiano e che proprio per questo motivo viene entusiasticamente acclamato o comunque benevolmente perdonato: “lui è proprio come uno di noi…”.

L’Italia che oggi sta “sull’orlo di un cortile” è quella – per dirla sempre con Prezzolini,  ma anche con Montanelli -  che fa leva sui peggiori sentimenti, vizi e pregiudizi del nostro Paese. E’ l’Italia che villaneggia la politica e non rispetta lo stato di diritto, è quella che ha un tale culto per la furbizia, da arrivare persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno, in un atteggiamento di riverenza per la furbizia stessa, alla quale fa appello soprattutto per la riscossa e per la vendetta. “Ciò  corrisponde al carattere italiano, che subisce le grosse ingiustizie, ma è invece intollerante per le piccole”.

L’Italia dei furbi da cortile – o del “quartierino” - è quella che preferisce regolare le proprie relazioni sociali non tanto attraverso le leggi, quanto attraverso l’uso del compromesso. E’ quella che pensa che tutto ciò che è proibito per ragioni pubbliche, si può poi fare quando non preclude un interesse privato.

E’ l’Italia spensierata che avevamo visto nel film “Il sorpasso”, così ironicamente  interpretata da Vittorio Gassman,  e anche quella meschina e pecoreccia messa in mostra da tanti film di Alberto Sordi. Ci facevano, e ci fanno ancor oggi, sorridere dei nostri difetti e della nostra finta, apparente superiorità complessiva rispetto, per esempio, a quegli stupidi  degli anglosassoni…

La credevamo, quell’Italia da operetta - e insieme a lei  tutta la sua “corte” di personaggi da carrozzone - definitivamente riposta tra i materiali da cineteca, tra i vecchi cinegiornali della Settimana Incom o tra i film dell’Istituto Luce: quando gli italiani furbetti ammiccavano per strada alle belle pupe e magari, non visti, se potevano - subito scusati dai loro amici  per la simpatica virile audacia dimostrata - ne palpavano, seduta sulle ginocchia, qualcuna.

E invece quell’Italia, grazie a un suo redivivo interprete e mentore, che riveste per di più una carica di Leader, è ancora qui, a beffeggiarci, a umiliarci, a ricordarci  attraverso le sole cronache della stampa estera - laddove la stampa italiana, perfino nelle parole di uno dei suoi più grandi direttori e giornalisti, Ferruccio De Bortoli, è sudditamente perdonista – che in fondo… siamo fatti così, siamo furbi, non siamo mica fessi, siamo dei simpaticoni, siamo italiani!

Tutto ciò mi sembra  semplicemente l’espressione di un potere che, oltre a non saper fare politica,  di fatto è anche impotente e deve quindi continuare a parlare pubblicamente di donne e di sesso, anziché farlo in privato. Fino a immaginare complotti e a rivaleggiare con inconsapevoli nemici (un disturbo che gli psichiatri definiscono infatti “proiezione paranoidea”). E tutt’ intorno al sovrano – quasi senza opposizione… -  il cicaleggiare di una corte e di un cortile di dotti ballerini e di ballerine compiacenti e riconoscenti. “Mussolini – ha commentato al riguardo ironicamente la nipote Alessandra – non si era mai permesso di fare ministro la Petacci”.

Schizzati da quest’onda di… qualunquismo, dobbiamo con poca speranza assistere alla redazione di  molteplici ed intere pagine di giornali e riviste e alla messa in onda di intere trasmissioni su “Silvio, Noemi e Veronica”, anziché essere chiamati a riflettere e a discutere con quali progetti, con quali strumenti e con quale classe dirigente si può meglio superare la crisi in atto e affrontare il futuro economico, sociale, istituzionale del nostro Paese.  

Se non fossimo tanto “fessi”, di fronte al pattume di stato che ci viene ogni giorno propinato al posto della buona politica, capiremmo il valore che riveste la Cultura per la democrazia e per la cacciata stessa dei “furbi”.

Non smettere di fare Cultura e rimanere inossidabili. Promuovere i buoni valori e i buoni progetti, rifiutare qualsiasi pur piccolissima connivenza e prossimità con i “signori e le signore del cortile”. Queste sono le uniche armi, gli unici anticorpi con i quali possiamo difenderci dal virus che si contrae frequentando certi signori e certi cortili: della politica, della società, anche del mondo del lavoro. Quando, invece del rispetto delle idee e delle persone, si fa prevalere il doppio senso, lo scherno, il lazzo e  il proprio tornaconto. Virus più pericolosi per l’uomo dell’aviaria e della febbre suina.

Insomma, per evitare che una pur così  potente corte faccia diventare “cortile” il nostro Paese, per far maturare pienamente l’Italia  in una dimensione europea, dobbiamo tenere fermo il timone e mantenere forte la volontà di non cedere, di non abbassare la guardia, di non assuefarci rispetto alla modica dose di sciocchezze, furbismo e scarso senso etico che ci vengono imposti, in particolare attraverso una stampa e una televisione sempre meno obiettive, perciò sempre meno libere.

Vorrei chiudere a questo punto nell’unico modo che mi sembra, a questo punto,  possibile, citando un’ultima volta il grande conservatore che il nostro Paese non ha saputo apprezzare. Scriveva Giuseppe Prezzolini a proposito “dell’Italia e degli italiani” in “Codice della vita italiana”, cap. XI: “L’italiano è un popolo che si fa guidare da imbecilli i quali hanno la fama di essere machiavellici, riuscendo così ad aggiungere al danno la beffa, ossia l’insuccesso alla disistima, per il loro Paese”.

 

Alessandro Petti

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