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ArtconFusion di Lucio e Dario Zucchi (editore Tecniche Nuove)












Nota di Oscar Bartoli
Conosco da anni Dario Zucchi. Lucio, il fratello, solo attraverso i racconti di Dario che, quando si presenta, dice di essere un falegname. Il che e' vero se si considera che con un lavoro da certosino di dieci anni, si e' costruito una raffinata torre in legno pregiato con biblioteca nella sua bella casa di Washington DC. Dario e Lucio sono professionisti affermati. E il loro modo di dipingere o di fotografare nasce non da stimoli pseudoculturali ne' dalla voglia di dire agli altri "Mo' ti erudisco er pupo", come purtroppo fanno tanti passeggiatori dell'arte. Quello che fanno e vedono e' solo loro, senza portarsi addosso bardature di autocompiacimento. Nelle foto di Dario ammiro il fatto che si sia soffermato con il suo obiettivo sul posteriore delle persone. In un mondo che vive solo di immagine frontale o nel quale il 'lato B' trova esaltazione solo a livello erotico-pubblicitario, l'umanita' vista di schiena di Dario Zuccchi e' quasi uno sberleffo ed una sorta di omogeneizzazione delle differenze di censo, cultura e pelle che agitano perennemente il mondo. Ecco perche' abbiamo voluto dedicare spazio a questo libro di immagini che emerge dalla palude del conformismo alla moda. Piu' sotto il Lettore trova le approfondite recensioni di Alberto Pasolini Zanelli e di Eric Denker. Per chi ne volesse sapere di piu' puo' scrivere a Dario Zucchi: dzucchi@ix.netcom.com
www.tecnichenuove.com
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Lenti e Pennelli
di Alberto Pasolini Zanelli


Da una mostra di quadri di Lucio Zucchi, architetto a riposo e ora pittore a tempo pieno, esco interessato,ammirato e un tantino inquieto.
Con una curiosità,se così si puòdire,curiosa: siamo sicuri che negli appartamenti che disegnava non ci siano dei passaggi segreti, delle botole,dei bottoni nascosti, dei doppi fondi? L’autore mi assicura di no,mi chiede perché mai.
Perché dalla sua biografia si apprende che costruiva nei giorni feriali e dipingeva la domenica, perché i suoi arredamenti sono ricchi di soffitti affrescati, di paesaggi dipinti sulle pareti , di forme stilizzate e soprattutto di trompe-l’oeil. E perché nei quadri che egli espone il trompe-l’oeil non è una tecnica ma una filosofia. Lucio Zucchi è vero, fa come ogni altro pittore: si guarda attorno e dipinge,ma mentre dipinge non desiste dallo strizzare l’occhio allo spettatore presente e futuro.
Ironia,nostalgia,come se frugasse nei recessi segreti della sua memoria, dei suoi fantasmi.
Queste ombre,quei blu inquietanti,quelle mani minacciose, queste porte che si aprono sempre e solo su altreporte: se non è la casa dei suoi sogni, almeno è la mia. Oppure sogno adesso. Di Lucio Zucchi conosco meno l’autore che i quadri. Mi ci perderei non fosse per quello che mi ha raccontato Dario Zucchi, l’altro protagonista di questo happening artistico-familiare. E ’lui che mi racconta che Lucio da bambino aveva la passione di disegnare.Che disegnava bene e per questo
i genitori lo mandarono all’Accademia Cimabue,una scuola d’arte. Che lui però vorrebbe fare il musicista e va a lezione dal nonno,orchestrale della Scala che era stato compagno di Toscanini al Conservatorio di Parmae daToscanini aveva preso su il caratteraccio e al nipote insegna il solfeggio a bacchettate sulle dita. Lucio si scoccia e non ci va più. Studierà un po’ di musica da grande.Troppo tardi? Dice di no: farà il musicista nella prossima vita. Per se stesso Dario non ipotizza futuri parimenti surreali.Di Darioposso credere addirittura disapere, a volte, se non proprio che cosa fotograferà, almeno perché. Non che io lo indovini; è perché ci siamo detti tante cose nei lunghi anni di una amicizia solida e perfino loquace, nata in età matura ad erodere il dogma che sodali autentici si può diventare solo nell’adolescenza o addiritturanell’infanzia. Surreali sono però alcuni aspetti del suo presente. Lui è, per cominciare, l’uomo che riesce a comporre quadri facendo di una macchina fotografica un pennello. Non riprodurli, crearne dei nuovi mescolando tinte che non il caso mal’attenta osservazione dispongono su una tavolozza.
Il tubetto predominante è spesso colui che vaperguardare, e diventa il guardato, spiato quasi, studiato nei tanti modi -quasi infiniti -in cui può inter-agire con le opere dei musei e delle gallerie d’arte di fronte alle quali si colloca, modificandole, completandole, a volte ostruendone la vista,
a volte addirittura migliorandole. Guardare, in sostanza, significa interferire. Lo si è già rilevato in taluni esperimenti scientifici, comportamentali. Perché non nella scienza umana che chiamiamo arte? Un quadro, una statua guardati sono vivi, a differenza di quando tenuti in quarantena, addirittura in una cassaforte come fanno alcuni collezionisti con “pezzi” di estremo valore, artistico e commerciale. Ma lo sono solo nell’istante in cui il contatto occhio-oggetto avviene. Ma se il tempo si ferma, se l’accostamento si eternizza in unafoto, quella che ne nasce, allora, può essere unanuova opera d’arte. Lo si è già scoperto a propositodell’arte “scritta”. “Ogni libro è su un libro”, ha scritto UmbertoEco. Per Dario Zucchi ogni immagine nasce da una immagine. Le sue fotografie sono qualcosa di più e di diverso da semplici riflessi in uno specchio: sono il momento di un dialogo fra ciò che è, ciò che appare e ciò che potrebbe nascerne. La fotografia, arte giovane e per definizione “minore”, può essere in grado di ri costruire e reinterpretare le arti ‘maggiori”,usando proprie tecniche e sensibilità.
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I Fratelli Zucchi
di Eric Denker

Le piacevoli immagini create da Dario e Lucio Zucchi si collocano all’incrocio fra la vita e l’arte. Le opere di Dario, il fotografo,e del suo fratello maggiore Lucio,il pittore,si distinguono per lo spiccato umorismo e l’appassionato riferimento all’arte moderna. Le loro creazioni fotografiche e pittoriche rivelano un sorprendente accostamento, all ostesso tempo affascinante e istruttivo. Le foto di Dario sono ispirate dal suo amore (eda quello di sua moglie Giò) per l’arte moderna delle grandi collezioni dei musei di NewYork e Washington. Dario prova un’attrazione particolare nell’osservare la gente che contempla le opere d’arte. Egli, tuttavia, va al di là della semplice osservazione, per rivelare il collegamento visivo fra chi guarda l’opera d’arte e l’opera stessa. Dario cerca i visitatori che mostrino la giusta combinazione di colori, forme, assonanza visiva e
atteggiamenti. I suoi personaggi non sono mai in posa, bensì osservati furtivamente mentre osservano. Dario attende pazientemente, sperando di cogliere la fortunata fusione dell’osservatore con l’oggetto, necessaria alle sue fotografie. Per noi spettatori è un piacere osservare la fantasiosa, spesso rivelatrice, ingegnosità delle giustapposizioni.
Lucio Zucchi è un abile pittore erede della tradizione dei pittori metafisici italiani. Il sommo esponente della Pittura Metafisica, Giorgio De Chirico, è uno dei modelli al quale Lucio maggiormente si ispira. Lo spirito di De Chirico aleggia su molti suoi quadri ma qui fa una sola diretta apparizione in un’ingegnosa foto di Dario. Le opere di Lucio sono particolarmente attraenti per la sua accurata rappresentazione di interni e paesaggi immaginari
violati dall’introduzione di figure, di visi o mani dalle dimensioni illogiche. Le proporzioni delle mani e dei corpi provocano uno speciale turbamento, inducendo nell’osservatore nuove e diverse modalità percettive. In molti casi la figura che si intromette è l’autoritratto dell’artista, riconoscibile dai suoi caratteristici occhiali. Lucio immette nelle sue tele molti riferimenti alla storia dell’arte e a dipinti contemporanei. Vediamo l’artista prendere spunto da Friedrich e Dalì. Ma Lucio è particolarmente attratto da Barnet tNewman e Mark Rothko, utilizzando le loro
opere cometrampolino per la sua immaginazione. La Via Crucis di Newman della National Gallery of Art di Washington gli ha dato l’ispirazione per reimmaginare questiquadri conspettrali figure sovrimpresse alle simboliche astratte superfici.

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