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Tempi duri e previsioni fosche per i democratici

Obama e' messo male. A novembre i democratici hanno perduto due importanti governatorati: New Jersey e Virginia. Adesso sul presidente ed il suo programma e' caduta la tegola delle elezioni di martedi' scorso nel Massachussetts per 47 anni feudo del senatore Edward Kennedy, uno dei maggiori sostenitori di Barak Obama. Ha vinto un quasi sconosciuto, il senatore locale Scott Brown, che ha potuto contare nell'ultima settimana di campagna elettorale su una iniezione di 5 milioni di dollari. Dopo la devastante sconfitta, come la definiscono i media americani, la Casa Bianca ha fatto trapelare di essere stata contrariata per il modo assonnato in cui la candidata democratica, Martha Coakey, ha condotto la sua campagna chiedendo aiuto a Obama solo negli ultimi giorni. Adesso il presidente nero si trova ad avere 59 senatori. Sino ad ora era riuscito con i suoi 60 senatori a impedire che i repubblicani potessero attuare il 'filibustering' che consiste nel parlare all'infinito paralizzando in concreto l'attivita' legislativa del senato. I media sono concordi nel ritenere che la legge che dovrebbe dare una copertura assicurativa a 50 milioni di americani su una popolazione totale di 304 milioni non riuscira' a passare. Non solo per l'impossibilita' di gestire il senato ma anche perche' la legge approvata dalla Camera dei Rappresentanti e' diversa da quella del senato ed i parlamentari democratici non vogliono rinunciare alla loro autonomia decisionale. A rendere ancora piu' nero il quadro delle difficolta' del presidente sono le dimissioni annunciate da senatori e deputati democratici. Vuoi perche' per qualcuno hanno cominciato a pesare le rogne che stanno venendo fuori di favori legislativi ben retribuiti e vuoi perche' i membri democratici del Congresso che sono stati eletti negli stati conservatori, subiscono da mesi la presssione costante delle lobbies scatenate dalle corporations farmaceutiche e delle assicurazioni che sparano a palle incatenate sulla rivoluzione sanitaria di Obama. E gia' si fanno funeree previsioni per quanto riguarda le elezioni di mezzo termine del prossimo novembre che dovrebbero confermare la ripresa dei repubblicani. Ed e' inutile chiedersi come sia possibile che l'americano medio abbia dimenticato che un anno fa Barack Obama ha ricevuto in eredita' da George W. Bush due guerre (Irak e Afghanistan) ed una crisi economica di inaudite dimensioni. Oggi l'orizzonte politico del cittadino medio americano e' offuscato dalla mancanza di posti di lavoro e da una economia che stenta a rimettersi in quota. Colpa di Obama? Meglio dire colpa delle aziende che sono riluttanti ad aprire il rubinetto delle assunzioni visto che per molte questa recessione ha rappresentato un'utile valvola di scarico che ha permesso di alleggerire gli organici e di indirizzare le produzioni in 'outsourcing' o in altri paesi dove la manodopera e' piu' conveniente. Mancata sintonia con il corpo elettorale, scarsa fedelta' di molti parlamentari democratici, noncuranza di chi e' coperto da una assicurazione sanitaria privata e se ne infischia di chi sta male perche' teme che la copertura dei 50 milioni di non assistititi, portera' ad un aumento delle sue tasse. Sono questi alcuni ingredienti di una miscela esplosiva che fa dire ormai a molti analisti che questo presidente non riuscira' a doppiare la boa della riconferma dopo quattro anni.

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