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Per capire quello che sta per succedere in America

Dal blog del Professor Alexander Stille su Repubblica



Il manicomio nelle mani dei matti


Quasi tutti i sondaggi prevedono una grande vittoria alle urne dei Repubblicani all’inizio del mese prossimo, con una situazione che si presenta paradossale.

Il partito con le maggiori responsabilità – due guerre molto costose, un’economia in recessione, e un deficit preoccupante – potrebbe essere il primo beneficiario della crisi, pur proponendo le stesse politiche che ci hanno messo nei guai.

Torniamo un attimo al record economico del secondo Presidente George Bush, che ha ereditato un surplus del budget nazionale, creato con molta fatica sotto la presidenza di Bill Clinton. Bush ha invece lasciato un deficit che è il più grande della storia degli Stati Uniti, precisamente di 482 miliardi nel 2008. La pietra miliare della politica economica di Bush è stata il grande taglio delle tasse, varato nel primo anno del suo mandato, che è costato 1,35 trilioni di dollari. Questo taglio delle tasse, del quale il 32,6% è andato all’ 1% più ricco del paese, ci costa ora 230 miliardi ogni anno.

Le politiche economiche di Bush, le due guerre (il cui costo eventuale è stimato a 3 trilioni di dollari) costituiscono circa il 40% del deficit attuale, secondo uno studio recente del Center for American Progress. La recessione, e quindi le mancate entrate dovute al calo economico, costituisce il 20% del deficit, mentre le politiche di Obama rappresentano solo il 16% del totale. Infatti, senza il taglio delle tasse varato da Bush, l’attuale deficit sarebbe soltanto al 3,2% del Pil, piuttosto che l’attuale cifra del 9,6%. Ma che cosa propongono i Repubblicani? Di nuovo, la loro proposta principale è quella di rinnovare e di rendere permanente lo stesso taglio delle tasse fatto da Bush. Obama, per non aggravare la recessione, vuol solo mantenere il taglio per le famiglie che guadagnano meno di $250.000 (il 99% della popolazione, che ha beneficiato meno della crescita dell’economia negli ultimi trent’anni).

Ma vediamo che cosa ha prodotto il taglio alle tasse di Bush, nei suoi otto anni di mandato. È un articolo di fede tra i Repubblicani che tagliando le tasse, in particolare tra i ceti più abbienti, si producano effetti salutari per l’intera economia. La nostra storia recente contraddice questa visione: il Presidente Bill Clinton ha aumentato le tasse per i ceti più ricchi ed il salario minimo, misure che economisti repubblicani hanno creduto avrebbero mortificato la nostra economia; invece il risultato sono stati 23 milioni di posti di lavoro, un deficit che è diventato un surplus, e un benessere condiviso anche dai ceti medi e bassi.

Con il taglio delle tasse sotto George W. Bush vediamo l’esatto contrario: creati tre milioni di posti di lavoro, in un paese dove la popolazione è cresciuta del 22 milioni, mentre quasi tutta la crescita dell’economia è stata anemica. Il benessere della crescita è andato all’1% più ricco del paese, il reddito complessivo della famiglia media è sceso del 1,1 %. E questo prima che la politica della regolarizzazione e della finanza facile degli anni di Bush mettesse l’economia del paese e quasi del mondo intero in ginocchio. Forse Obama e i Democratici hanno peccato di timidezza per non aver approfittato sufficientemente del loro mandato popolare per una vera svolta (regolamenti più severi per il mondo bancario, una riforma sanitaria più radicale, una politica sull’occupazione più forte) ma hanno stabilizzato l’economia ed evitato quello che poteva essere una crisi ancora più dolorosa. Ma se i repubblicani tornano al potere, sarà come dare le chiavi del manicomio ai matti.

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