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Destra o Sinistra ovvero il gran puttanaio italico

(Il Lettore Aldo ci scrive da Milano)

Caro Oscar,
Non desidero turbare le tue vacanze ma t'invito a considerare l'articolo nel seguito riportato dal Blog di Marco Travaglio, che tu ben conosci e che avrai certamente letto. Una filosofica riflessione sulle proprie posizioni spinge alla saggezza. Io ho da parte mia abbandonato da tempo il Berlusca grazie alla manifesta e pericolosa demenza senile o follia della quale è preda e non so più a chi rivolgermi. A te, che sei assiduo lettore e commentatore di tutta la stampa ufficiale nazionale, sono ben noti i fatti che quotidianamente stanno emergendo su Milano. Purtroppo, i quotidiani nazionali in larga parte riportano soltanto la punta dell'Iceberg. Fogli come il Fatto Quotidiano ed altri riportano, invece, una sequela di misfatti quotidiani che fanno inorridire.
Adesso sono portato a dare ragione proprio a DiPietro, che non lodo per la sua politica, ma per i suoi trascorsi di magistrato. Avendo fatto gavetta nella sbirraglia, ha la mente molto più lucida su ciò che accade e su come adesso si froda il fisco. Se è vero che prima i soldi illeciti si nascondevano nel materasso, tra i giornali o si ammonticchiavano in un angolo entro pacchi di carta da salumaio (la Segreteria di Craxi docet) o si spedivano senza pudore in banche svizzere o di Hong Kong, adesso si usano transazioni finanziarie sofisticate e che all'apparenza sono formalmente corrette. Nulla sembra abbiano d'illecito e, comunque, sono difficili da smascherare.
Un chiaro esempio ne è l'operazione di acquisto-rivendita da parte Gavio del 15% delle quote della Milano-Serravalle. Comprate da Gavio per 2,19 € ad azione dal Comune di Genova (sempre in casa, amministrazione colore rosella), rivendute alla Provincia di Milano (sempre in casa, amministrazione colore rosella) al prezzo di 8,83 € ad azione. Plusvalenza? 179 milioni € per il Gruppo Gavio (grande amico del Fassino). Indebitamento? 250 milioni € per la Provincia di Milano con BPM. Ed il Penati in gloria politica. Eppure il tutto sembra giudicato perfettamente congruo: IL PREZZO E' GIUSTO! Comunque l'uomo sembra non essersi arricchito, servendo giustamente i dinè a contrastare lo strapotere della Destra in Milano. Però a questo hanno fatto buona sponda gli Amministratori PDL e Lega del comprensorio di Cassano d'Adda, con un'impressionante giravolta di tangenti per la voltura di aree ad edificazione, oltre robetta varia. Però questi poveretti si dovevano soltanto difendere dallo strapotere del Gruppo Penati...La differenza sembra consista nel fatto che i Cassanesi incassavano in termini personali, mentre i Penatiani per conto del Partito (la Rosy si è dissociata come Margheritina). Se l'eccezione fa la regola, pensiamo al resto dei comuni, provincie e regioni ed amministrazioni varie, con tutte le partecipazioni statali. Ai ns.tempi si diceva:"Ha da venì Baffone!". Ma adesso manco lui c'è e, comunque, la gente se ne fotte lo stesso!

Caro Oscar, a noi pagare le tasse da buoni pensionati (il 97% degli introiti del Fisco proviene da reddito fisso), a loro plusvalenze, tangenti e quanto altro (sono tutti liberi professionisti, soprattutto Consulenti, Promoter o Politicanti benedetti dal fato) e soprattutto LEZIONI DI MORALITA'.

Per far un pò riflettere sul PRIMATO MORALE della Sinistra, invito gli afficionados a leggere l'articolo del buon Travaglio, che riporto nel seguito. Io ammetto (non più con lacrime) che la destra è in larga maggioranza una banda di malnati ladroni (i 40 di Alì Babà erano più simpatici).

Rimando ad un pianto corale di presenza il comune commento a quanto scrivo. Soprattutto sbocconcellando insieme una nostrana pizza co' pummarola quando sarai in Italia.
In fondo, tutti i salmi terminano sempre in gloria!

Molti cordiali saluti,
Aldo
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Chi tocca la sinistra muore
Chi tocca il centrosinistra muore. “La macchina del fango comincia a girare”. Dopo aver ascoltato le parole di Pierluigi Bersani, gli accenti berlusconiano-vittimisti del segretario Pd, sento che per una volta posso contravvenire a una delle regole auree del cronista: mai parlare di se stessi.

E così racconterò dell’amara esperienza di diventare una specie di paria, un intoccabile nella mia città perché ho osato scrivere inchieste sul centrosinistra. Ma prima faccio una premessa. Nel corso degli anni ho parlato di decine di politici di entrambi gli
schieramenti: Alemanno, Formigoni, Moratti, Storace, Berlusconi, Matteoli, Galan, Romani, Romano, Scajola, Grillo (Luigi), Calderoli, Bossi, D’Alema, Bersani, Penati, Burlando. Tanto per fare alcuni nomi.
Gli esponenti di centrodestra sono la maggioranza.

Però dopo vent’anni di lavoro (prima di approdare al Fatto sono stato al Messaggero, La Repubblica, Il Secolo XIX e La Stampa) una cosa posso dirla: i fastidi che mi hanno procurato le inchieste sul centrosinistra non hanno uguali. Certo, il centrodestra è più duro, diretto, usa nei confronti dei giornalisti una logica proprietaria. Un certo centrosinistra no, non ti schiaccia direttamente, preferisce la calunnia, l’insulto, la telefonata a direttori ed editori.

Con un’aggravante: l’arroganza del centrodestra, seppur più violenta, non pretende di essere “giusta”, ha lo scopo manifesto di metterti a tacere. Il centrosinistra è diverso: si sente investito di una missione, chi osa metterlo in discussione è “disonesto”, “in mala fede”, “vendicativo”, “scorretto”. Tutte accuse che mi sono state rivolte, sempre in forma anonima e senza lo straccio di una prova.

Ma veniamo ai fatti. Mi capita anni fa, mentre seguivo lo scandalo Antonveneta, di raccontare i rapporti di Gianpiero Fiorani con noti esponenti politici. Per giorni descriviamo i legami della Lega con il re delle scalate bancarie. Non succede nulla. Poi ecco che arriva la prima notizia su un esponente del centrosinistra: il contratto di leasing dello yacht di Massimo D’Alema è stato stipulato con una società legata alla Banca di Lodi. Niente di illegale, ma una storia che è giusto approfondire e magari riferire ai lettori. Risultato:
mezzora dopo il mio colloquio con D’Alema arriva al giornale una telefonata che annuncia, in caso di pubblicazione, una denuncia per violazione del segreto bancario. Il giorno dopo D’Alema diffonde un comunicato e racconta “spontaneamente” l’episodio.

Piccolezze, si dirà, come decine di altri episodi. Ma i guai seri vengono quando decido di scrivere degli intrecci tra politica (di centrosinistra, come di centrodestra) e affari che stanno dietro alla cementificazione della Liguria. Non arriva una riga di smentita o querela, del resto sarebbe stato difficile, visto che ogni parola dell’inchiesta è documentata. Ma quando compare il primo articolo subito mi chiamano dal mio giornale: “Ferruccio, una persona ai vertici del centrosinistra ha fatto una telefonata ai massimi livelli.
Dice che hai scritto un articolo pieno di falsità. Noi non ne teniamo conto, ma tu sappilo”.

Era l’inizio. Quando con il collega Marco Preve scrissi il libro, “Il partito del cemento”, dedicato alla passione bipartisan dei politici liguri per il mattone, mi dichiararono guerra aperta. Si parlava, tra l’altro, con anni di anticipo rispetto all’inchiesta della Procura di Roma, dei legami dei vertici del partito nazionale e ligure con Vincenzo Morichini, Franco Pronzato e i loro soci. Ancora nessuna replica. Un muro di silenzio.

Finché mi venne offerto un posto di rilievo in un grande giornale.
Dopo mesi venni a sapere che proprio nel periodo della trattativa i vertici del Pd nazionale avevano fatto arrivare il messaggio che l’incarico non era gradito al partito.

Insomma, la mia carriera ha rischiato. E anche il clima che respiravo in città è cambiato. Quando mi presentai nella sede del Pd genovese per scrivere un articolo sulle elezioni regionali del 2010 uno dei massimi dirigenti locali mi accolse così: “Ecco l’amico di Berlusconi.
Vergogna, vattene”, e via con accuse e insulti.

Ma agli insulti, soprattutto se deliranti, è facile rispondere. Peggio sono le calunnie: non hai un interlocutore cui replicare. Di più: se ribatti dai dignità alle accuse che ti sono rivolte, le ingigantisci, dai loro concretezza. Insomma, devi subire.

E lascio perdere gli episodi più pittoreschi, come quando mi avvertirono che qualcuno nel Pd faceva circolare l’immancabile voce che ero omosessuale, anzi, “buliccio” come si dice a Genova. Ne parlai con mia moglie, sorridemmo sorpresi: per me ovviamente non era un insulto, ma mi stupiva che qualcuno in un partito che si dice progressista lo considerasse tale. Lentamente la tenaglia, però, si stringeva. Difficile vivere nella vostra città quando venite condannati all’ostracismo dal partito che governa da decenni, che guida gli enti locali da cui arrivano milioni di euro in pubblicità istituzionale a puntellare i bilanci di tutti gli organi di informazione (un’altra inchiesta poco gradita dal Pd). Si finisce cancellati, pesantemente insultati a incontri pubblici (è toccato perfino alla mia famiglia, colpevole di avermi messo al mondo).
Insomma, intoccabili. Finché sono arrivato al Fatto, che per fortuna è impermeabile a certi interventi.

Mai nessuno, però, che abbia risposto alle nostre inchieste in modo documentato. Bersani, tengo a dirlo, non è mai stato coinvolto negli episodi che ho citato. Ma forse sarebbe bene che li conoscesse, prima di invocare la macchina del fango e vestire i panni della vittima.

*Non ho fatto volutamente i nomi dei protagonisti e dei testimoni di questi episodi. Posso scegliere di affrontare una battaglia, ma non posso trascinarci anche gli altri.
Ferruccio Sansa, ex di Repubblica

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