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It's the economy, stupid !






di Guido Colomba


E' la famosa frase di Bill Clinton, l'unico presidente Usa che negli ultimi vent'anni è riuscito a migliorare sia l'economia che il deficit pubblico. Enrico Letta afferma a sua volta: "meno spese e meno tasse"nel rispetto dei vincoli europei. Una sfida vecchia che non consente rinvii. Il governo nell'affermare questo obiettivo (l'abbattimento del carico fiscale del lavoro darebbe 300 euro in più in busta paga), si è messo su una strada a senso unico. Ridurre il cuneo fiscale "contributivo" significa anche aumentare i "margini di produttività" per le imprese. Fatto 100 la retribuzione media lorda, quella netta è pari a 69,2 e il costo del lavoro é pari a 132,1. Di fatto, il dipendente riceve poco più della metà (52%) del costo aziendale. Fin qui son cose note da tempo. Ma il vero problema attuativo è che la manovra compensativa ("meno spese") dovrebbe iniziare dai livelli regionali e locali dove si concentra il grosso della spesa "senza controlli". Altro che costi standard. La cartina del tornasole è rappresentata dalla nomina di Cottarelli, forte di un mandato triennale ben più ragionato ed ampio di quello affidato (ma subito revocato dai partiti) l'anno scorso a Enrico Bondi. La posta in gioco è la domanda interna la cui crescita è esiziale per parlare di ripresa e di ritorno allo sviluppo per l'occupazione. Il Def (documento di economia e finanza) proietta la pressione fiscale al 2015 costantemente sopra il 44% che sale al 52% se si considera il peso dell'economia sommersa che non paga tasse ma utilizza i servizi. Cottarelli (trent'anni al Fmi) ha il vantaggio di poter selezionare i molti provvedimenti che si sono accavallati per decidere quali possono utilmente essere attuati. Alla base c'è l'obiettivo del rapporto Giarda: senza ridisegnare la macchina pubblica (con i relativi costi intermedi pari a 154 miliardi) è impossibile ridurre la spesa. Finora le tante burocrazie, che dalla Roma ministeriale giungono all'ultimo ufficio decentrato, hanno bloccato sia Giarda che Bondi (né hanno aiutato i differenti metodi cui si ispiravano). Bondi aveva individuato in una sola settimana più di 10 miliardi all'anno di eccesso di spese di funzionamento fra enti locali, regioni e università. La lite subito esplosa tra le Regioni ha bloccato tutto determinando il "benservito" a Bondi. Ora si torna a parlare lodevolmente di privatizzazioni. Ma va ricordato che entro il 31 dicembre vanno sciolte o privatizzate le aziende con un fatturato del 90% nei confronti degli azionisti pubblici. Finora è fallito l'obiettivo del "taglia enti" nonostante i molti provvedimenti legislativi. Per il 30 settembre, i comuni sotto i 30mila abitanti avrebbero dovuto chiudere tutte le loro partecipazioni (circa 1500 comprese quelle che svolgono servizi pubblici). Cosa è accaduto? Nulla. Come sempre è calato il silenzio. Quanto alle grandi città, i bilanci sono drammatici. Le sei maggiori città hanno un buco di bilancio superiore a 1,8 miliardi (senza contare i contratti su strumenti derivati) cui si aggiungono le perdite delle municipalizzate. Spesso tutto ciò viene giustificato con le tariffe a prezzo politico. Eppure, in dieci anni, il costo della raccolta dei rifiuti è salito del 64%. (Guido Colomba