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Svolta Usa: attacco frontale a Berlino



German Chancellor Angela Merkel meets with President Obama in the White House in 2009. (SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

di Guido Colomba

La fortissima polemica degli Usa contro Berlino era un avvenimento atteso. Fin dal 2011, la diplomazia sotterranea americana dei G-8 aveva evidenziato una forte pressione per indurre la Merkel ad attenuare l'uso dello spread come arma finanziaria per indebolire l'Italia (secondo paese industriale nel Continente) e 
gli altri stati periferici. Lo spread Bund-Btp arrivò a toccare i 500 punti. Poco dopo arrivarono Draghi alla Bce e Monti a palazzo Chigi. Il premio nobel Krugman è stato probabilmente il maggior paladino nel contrastare la teoria rigorista della austerity secondo la ricetta di Berlino che, nel frattempo, dava tutto l'ossigeno possibile alle proprie banche (specie quelle medio-piccole) finanziando l'export a tassi bassissimi. Un vero patto leonino. E' evidente che questa situazione è durata fin troppo. Nel rapporto semestrale del Tesoro Usa vi sono due attacchi durissimi: 1) la Germania cresce sulle spalle dei suoi partner europei; cresce puntando alle esportazioni e non fa nulla per rilanciare la domanda interna che renderebbe meno pesante la crisi europea; 2) la Germania è al primo posto tra i paesi che danneggiano l'America con politiche economiche e monetarie egoistiche. Per la prima volta, la Cina passa al secondo posto. Se poi inquadriamo tutto ciò nell'ambito del Datagate e della trattativa per la nascita di una gigantesca zona di libero scambio tra America ed Europa si comprende che la posta in gioco è altissima. Finora, Francia e Italia si sono lamentate della Germania a bassa voce riconoscendo il primato di Berlino. In Italia, poi, vi è tutta una tradizione consolidata a Via Nazionale e via XX Settembre di grande ammirazione per la Germania. Ora, l'imbarazzo è fortissimo anche perchè il "nuovo" che si affaccia nella politica italiana preme per il cambio di policy che metta fine ai privilegi di Berlino. Basti pensare che l'Italia ha finanziato con 54 miliardi di euro (che hanno aggravato lo stock del deficit pubblico) le varie crisi che si sono succedute, dalla Islanda alla Grecia, dall'Irlanda alla Spagna, dal Portogallo a Cipro. Con l'aggravante che, da anni, i governi di Roma danno all'Unione europea più soldi di quanti non ne ricevano. Cioè la finanziano (a differenza di quanto ottenuto a suo tempo dalla Thatcher). Altro che aiuti all'Italia! Ma di tutto ciò l'opinione pubblica italiana sa ben poco. Come mai? Il rapporto Usa parla chiaro: la Germania tiene in ostaggio l'Europa sfruttando la struttura della moneta unica che gioca a suo vantaggio e ritarda con scuse ridicole (timore di inflazione mentre il Continente precipita nella deflazione..) la nascita di una unione bancaria che porrebbe fine a gran parte dei privilegi. Proprio questi ultimi hanno rafforzato il recupero di produttività che è alla base dell'azione trainante verso l'export a danno esclusivo dei suoi concorrenti più vicini a cominciare dall'Italia. Il fatto che nel 2012 la crescita dell'export italiano abbia superato quello tedesco dimostra l'enorme sacrificio condotto dalle medie imprese italiane in condizioni così svantaggiose. Uno sforzo che non può durare a lungo. Non a caso il governatore Visco e il direttore generale Rossi della Banca d'Italia hanno di fatto auspicato la fine del "capitalismo di relazione" chiedendo che il credito sia dato a chi se lo merita. Chi vuole capire ha capito. Troppi soldi sono stati dati a "scatole vuote" che puntualmente si sono dimostrate "flipper mangia-soldi". (Guido Colomba - Copyright 2013 )