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La favola antieuro



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di Guido Colomba

Il dibattito sull'euro rischia di riproporre l'antico vizio italico del "diversivo esterno" per nascondere l'incapacità politica interna integrata dal ruolo negativo dei superburocrati. Questi ultimi sono così potenti da nascondere i fatti ai rispettivi ministri e di mostrare loro solo ciò che vogliono. Tale è il caso del tentato "recupero" di 150 euro al mese verso gli insegnanti o l'infinita serie di modifiche all'IMU (sono ben 19) che hanno ridotto la credibilità dei partiti al 4% (di pari passo la popolarità del premier Enrico Letta è scesa sotto il 20%). Questa opera sistematica di demolizione (in termini di credibilità) trova un corollario emblematico: il freno dei decreti attuativi la cui stesura è affidata ai superburocrati di via XX Settembre con l'ausilio di via Nazionale. Per i provvedimenti varati dal governo Monti siamo al 34%. Per quelli del governo in carica al 22%. Un record negativo per tutto il mondo occidentale. Renzi ha definito questo sistema, oggi in direzione PD (alla quale era assente Enrico Letta), il “gioco delle tre carte”. Vi sono due favole da sfatare. Primo. Far credere agli italiani che il semestre europeo affidato all'Italia dal primo luglio prossimo abbia una grande importanza. Invece è un modesto ruolo di rappresentanza (il vero potere è in mano a Commissione e Consiglio europeo) affidato a turno, ogni sei mesi, ai paesi membri della Unione europea. Gli ultimi tre sono stati Irlanda, Cipro e Grecia (scade il 30 giugno prossimo). Ogni commento è superfluo. La seconda favoletta è quella di dar la colpa di tutto all'euro facendo finta che la sua fuoriuscita salverebbe l'Europa e l’Italia. Persino il ministro dell'economia Saccomanni (past d.g. di Bankitalia) sparge petali di rosa su questo vasto schieramento - che include economisti e intellettuali politici - sostenendo che un successo del populismo alle prossime elezioni di maggio del parlamento europeo sarebbe "uno stimolo utile" per rinsaldare l'unione. Saccomanni ha subito precisato che si è trattato di una battuta, di una provocazione. Purtroppo i motivi della crisi attuale sono ben altri, pur tenendo in debito conto il ruolo dominante assunto dalla Germania. Significativi i continui attacchi Usa verso Berlino contro il perdurante surplus commerciale. Vi è un problema di credibilità della finanza pubblica il cui debito ha superato il record di 2104 miliardi di euro (in due anni l'aumento è di oltre 80 miliardi). Come è possibile? Eppure le entrate tributarie, nonostante la recessione, tengono grazie alle stangate a pioggia tanto da far perdurare l'avanzo primario e il rispetto del vincolo del 3%. Ed ancora. Come si fa a dire che i conti pubblici sono in ordine quando i debiti (90-110 miliardi) della PA verso le imprese non sono stati saldati se non in minima parte? Perchè un banchiere come Profumo (ex Unicredit) sostiene che in caso di mancato aumento di capitale di Mps "non è a rischio solo il Monte ma l'intero sistema bancario italiano?""Affermazioni avventate" commenta Guzzetti. Di certo non aiuta il pasticcio, contestato alla Camera, creato dall'aumento di capitale Bankitalia che porterà un introito fiscale di 1,2 miliardi di euro necessari alla "quadra" dell'Imu. Window shopping.... Nel frattempo, la "spending review" è già sepolta nella memoria della classe politica (per il ministro Del Rio si può solo "migliorare" la qualità non ridurre la spesa pubblica). Il caos è generalizzato. Al Senato, rispetto al "Mille proroghe" ben 134 emendamenti su 380 sono stati dichiarati inammissibili. Secondo la Cgia di Mestre, "la metà" del carico fiscale Imu e Tares è a carico delle imprese. A sua volta la Banca d'Italia attesta il crollo nel 2013 dei prestiti alle Pmi. C'è un senso di smarrimento, suffragato dalla caduta dei consumi e confermato dal dato sulla inflazione (1,2%). Cosa c'entra in tutto questo l'euro? L'Italia è ferma al palo. Tre semplici domande a chi scrive contro l'euro: 1) cosa accadrà, con il ritorno alla lira, ai mutui a tasso variabile? 2) Chi ha debiti verso l'estero dovrà convertire lire svalutate in euro a tassi molto più alti. 3) Le emissioni di corporate bonds italiani sui mercati internazionali subiranno una penalizzazione matematica. Stessa sorte per i Titoli di Stato. Chi pagherà questi costi? La situazione richiede molto coraggio partendo da una dichiarazione formale, dopo la sentenza della Consulta, della fine della Seconda Repubblica. Si può condividere solo una frase:"Riforme urgenti o saremo spazzati via". 
Guido Colomba -