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Renzi e spending review: eliminare il fortino del potere burocratico


di Guido Colomba

La priorità di Matteo Renzi è quella di sconfiggere il fortino del potere 
rappresentato dai superburocrati che bloccano il Paese, attestato dai 
478 decreti (su 830) ancora non scritti dalla burocrazia. Come ha detto 
Giuseppe De Rita (Corriere della Sera, 16 feb.) la politica è resa inefficace 
"dall'alta dirigenza e dall'appiattimento lobbistico degli apparati". L'ennesima
prova l'ha fornita il ministro (uscente) Saccomanni secondo cui "è priva 
di utilità" la clausola di flessibilità di Bruxelles in quanto richiederebbe 
una manovra restrittiva di pari entità con effetti che sarebbero neutri 
o negativi sulla crescita nel breve periodo". Forse l'ex direttore generale 
di Bankitalia è convinto che gli italiani siano tutti bamboccioni visto che, 
negli ultimi due anni, il Tesoro ha motivato l'austerity sostenendo che 
bisognasse far uscire l'Italia dalla procedura di infrazione relativa al 
non rispetto del 3% nel deficit di bilancio proprio per poter effettuare 
investimenti (in deroga) finalizzati alla crescita e alla creazione di posti 
di lavoro. Con la legge di stabilità questo traguardo - rispetto del 3% - 
è stato faticosamente raggiunto come insegna la penosa vicenda legata 
all'abolizione dell'IMU. Eppure Saccomani fa sapere che tutto ciò è 
"inutile" e che il governo sta preparando il materiale analitico necessario 
ad assumere decisioni "eventualmente" da comunicare alla Commissione 
Ue. A conferma di ciò ieri, commentando l'incarico a Matteo Renzi, ha 
messo in guardia dai rischi che a suo dire sono legati al "cambio di passo". 
Per Saccomanni andare veloci significa scivolare in un precipizio. Ecco 
perchè il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, è stato 
messo su un binario morto. Nell'ultimo quinquennio Grecia, Irlanda e 
Spagna (non a caso Madrid paga uno spread inferiore) hanno ridotto 
la spesa pubblica, l'Italia l'ha aumentata. Non è solo una questione di 
spesa ma anche di semplificazione della PA: il costo degli adempimenti 
amministrativi per le imprese supera i 27 miliardi all'anno, un record del 
mondo occidentale. Basti considerare che avviare una nuova impresa 
costa in Italia 2100 euro contro una media Ue di 370 euro. Per ottenere 
una licenza occorrono mediamente 234 giorni. Il disagio delle imprese 
(in 5 anni bruciati 134 miliardi di fatturato) è stato espresso dagli industriali 
piemontesi con una marcia digitale dei 40 mila. I debiti della PA continuano 
ad essere pagati col contagocce (in due anni solo il 20% del totale 
(stimato 100-110 miliardi). Il Job Act porterà a livello mitteleuropeo la 
disciplina e la tutela del lavoro ponendo sotto controllo il cuneo fiscale. 
Nessuno mette in dubbio che sia indispensabile una nuova legge elettorale 
insieme alla riforma del titolo V della Costituzione per eliminare le 
"sovrapposizioni" tra Stato e Regioni che impediscono di assumere 
decisioni rapide e mettono le imprese in una condizione di inferiorità 
sul resto dell'UE. L'ondata di sfiducia e insofferenza è alimentata proprio 
dai "reiterati episodi di incuria e di cattiva gestione, di clientelismo e di 
corruzione che hanno contrassegnato l'operato di numerose amministrazioni 
regionali di diversa colorazione " (re: Valerio Castronovo, Sole 24 Ore -14 feb). Fortunatamente Matteo Renzi e l'ex vicesindaco Dario Nardella hanno 
ben capito la gravità della situazione. Il terreno è già predisposto. 
Tre settimane fa, Nardella ha parlato al convegno sulla spending 
review (29 gennaio), dove Cottarelli era relatore, per mettere a nudo 
tutti i vizi della burocrazia auspicando normative "autoapplicative" 
(senza ricorrere a decreti attuativi evitando "interventi localistici e 
microsettoriali"). Un'analisi "up to date" come non si sentiva da anni. 
E' significativo che Cottarelli (proviene dal FMI) abbia fatto appello 
alla politica perchè siano raggiunti gli obiettivi di riduzione della spesa 
pubblica confermando così che il pugno di ferro dei super burocrati 
della Ragioneria e della Direzione generale del Tesoro di fatto blocca 
qualsiasi iniziativa. Giova ricordare che da due anni la direzione generale 
del Tesoro è caratterizzata dalla immissione di uomini di fiducia di via 
Nazionale. Ed è tempo che il "fortino" della Banca d'Italia cominci a 
guardare al paese reale con più concretezza anche nel confronto 
internazionale per arginare le crescenti diseguaglianze. Per il governo 
Renzi la parola magica è "implementation".  (Guido Colomba - Copyright 2014- 
edizione italiana).