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Si chiama Neutro

Alberto Pasolini Zanelli
Si chiama Norrie. Un nome senza sesso, come lui. Che suona Neutro. Né maschio né femmina, nel fisico e adesso anche all’anagrafe del suo Paese, l’Australia. Neutro come gli articoli e gli aggettivi, anche se non nella sua, l’inglese, e nella nostra. Anche per l’anagrafe, come un segno in più per chiarire i termini del dilemma, il genere della questione, il trionfo ad un tempo della libertà di scelta e, meno prevedibile, quello della grammatica. Lo conosceva il latino, l’hanno inghiottito gli Evi Bui. Resiste nelle lingue germaniche e slave. Neutro significa né l’uno né l’altro, dichiara una assenza. È il contrario del termine che chi ha avuto notizia di questa primizia è tentato di affibbiarlo al protagonista: ermafrodito. Norrie risponderebbe male, denuncerebbe un clamoroso errore. Gli capiterà spesso nei prossimi giorni per guastargli la sua bella festa, laggiù nel Nuovo Galles del Sud, Australia. Dopo dibattiti durati comprensibilmente anni, Norrie ha acquisito il diritto di essere neutro, cioè né maschio né femmina. Esattamente l’opposto di un ermafrodito, che di sessi ne ha due. Lui non ne ha nessuno e ha lottato per anni perché gli venisse riconosciuta questa “astensione”.
Una storia, la sua, decisamente singolare anche in questi tempi un po’ confusi. All’inizio era tutto sommato abbastanza semplice, anche se non proprio frequente. Norrie è nato maschio, come un essere umano su due, poi a un certo punto si è accorto di sentirsi femmina. Persona decisa, si è sforzato ben presto di mettere d’accordo i suoi sentimenti con il suo fisico, la sua sensibilità con l’anagrafe. E si è fatto operare per trasformarsi da maschio in femmina. Capita, al giorno d’oggi, abbastanza spesso. Ma con lui qualcosa non funzionò. Peggio, funzionò a metà. Il primo intervento chirurgico riuscì e Norrie smise di essere maschio, ma nella seconda operazione accadde qualcosa e dai ferri non nacque la femmina attesa: Norrie fu sostanzialmente abbandonato a metà strada, in un deserto del sesso così contrastante con il brulichio di omosessuali, bisessuali, transessuali e via dicendo. Deve essere  successo ad altri un banale fallimento del bisturi; e si sono arresi, dedicandosi a sormontare con i loro comportamenti, sentimenti, stili di vita il banale fallimento del bisturi. Cambiano nome quando possono, aspetto fisico quando ci riescono, chiedendo aiuto alla chimica, alle terapie ormonali, all’abbigliamento, oppure rifugiandosi nella sensibilità intima magari sorridendo con mestizia quando gli succede di essere scambiati per il proprio opposto, per uno di quegli ermafroditi che di sessi ne hanno due. Non Norrie: che cercò, invece, una rivincita nella legge. Chiese – eravamo nel 1989 – di cambiare “registrazione”. Di portare, dietro il nome, una classificazione sessuale. Fuori dalla colonna dei maschi e da quella delle femmine. Che si aprisse una terza categoria: Neutro.
Ha dovuto lottare per più di vent’anni. Di ricorsi respinti, controricorsi, scontri con una controparte ostinata quanto lui, motivata da impuntature giuridiche e formalistiche, quasi fosse formata da  grammatici aggrappati all’assioma che in inglese il genere neutro c’è ma riguarda le cose e non le persone. Ma Norrie lottò anche nell’arena della linguistica. I suoi avvocati ricordarono forse che non tutti gli idiomi sono uguali. Che in tedesco la luna, simbolo universale della femminilità, è di genere maschile, mentre il Sole Fecondatore è femmina e una ragazza è neutra. Non è certo che siano stati  argomenti come questi a convincere la Corte Suprema dell’Australia. Che però alla fine lo ha accontentato e ha accettato di registrarlo in una categoria speciale, “genere non specifico”.  Neutro. La sentenza è stata annunciata il giorno dopo l’1 aprile.