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Usa-Ue, uscita dal tunnel con il manifatturiero ma le banche centrali....


Guido Colomba
Torna in primo piano, dopo la visita europea di Obama, il rilancio geopolitico Usa-Ue accelerato dalle improvvide mosse di Putin. Di pari passo Matteo Renzi sta ottenendo uno straordinario successo ("la storia gli sta cadendo addosso") la cui chiave interpretativa risiede nell'avere individuato quei temi che l'opinione pubblica occidentale ha già assimilato (Le Pin è il sintomo più eloquente). Il brillante esito dell'incontro con Cameron ne è una conferma. L'Europa delle burocrazie e degli alti costi, che subiscono tutti i cittadini, deve cambiare. L'Italia paga da anni ben più di quanto riceve ed ha erogato in solidarietà per le crisi di Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e Cipro più di 54 miliardi di euro. Ecco perchè le riforme del governo Renzi devono andare avanti e le resistenze interne nulla possono contro questo trend magmatico. Ma quel è la ricetta? La risposta è stranamente qualitativa e non quantitava nonostante la battaglia delle cifre. Essa prescinde da colorazioni ideologiche (Cameron, Renzi, Hollande sono tutti d'accordo) poichè punta ad eliminare o ridurre quegli ostacoli (burocrazia, lentezza decisionale, pressione fiscale e diseguaglianze sociali) che impediscono all'Europa un ritorno al manifatturiero. E' questo il vero significato della parola "crescita". Il carattere qualitativo implica un salto culturale e l'esigenza di alcuni anni di tempo. Ed è il vero nodo poichè si scontra con il ruolo opaco delle banche centrali europee, Banca d'Italia compresa. Esse hanno commesso un errore fondamentale. Hanno sposato la burocrazia (regole accavallate le une alle altre rinviando le scelte di fondo) lasciando però i gruppi bancari sistemici privi di controlli. Quando è scoppiata la bolla nel 2007, Bce e banche centrali si sono limitate a dare tutto il credito alle grandi banche secondo il concetto "too big to fail". I risultati spaventosi sono sotto i nostri occhi come più volte ha denunciato il premio nobel americano Krugman. In Italia questi problemi sono stati ancora più gravi (disoccupazione al 13%, crescente deflazione e paralisi burocratica) come emerge dal credit crunch e dalle sofferenze bancarie superiori ai 150 miliardi. Quale ruolo ha avuto la Vigilanza (vedi il caso Mps)? Suscita una certa sorpresa la dichiarazione del governatore Visco al convegno di Bari della Confindustria che ha richiamato "i lacci e laccioli" che frenano l'Italia. Ma dove erano Visco e gli altri protagonisti di via Nazionale in tutti questi anni? Il Tesoro è sempre stato la succursale di fatto della Banca d'Italia come attestano le "porte girevoli" del direttore generale, del ragioniere generale dello Stato ecc. tutti provenienti da Bankitalia. Chi si è inventato la bollinatura della spesa? Strumento di per se saggio se avesse impedito gli sprechi. Così non è stato. Siamo al primo posto nel mondo occidentale per il ritardo nei pagamenti alle imprese che forniscono beni e servizi alla PA. Ora si torna a parlare di un debito di 100 miliardi (di cui 23,5 effettivamente pagati nel 2013). In tre anni il Tesoro (DG e Ragioneria) non ha saputo organizzare nulla di serio in materia. Poi vi è il problema di fondo sulla "natura" della Banca d'Italia. Tralasciando la penosa vicenda della rivalutazione per 7,5 miliardi a favore delle banche resta l'assurdità di ipotizzare la vendita di azioni Banca d'Italia anche a sottoscrittori esteri. Torna alla memoria l'incredibile vendita-regalo della Borsa di Milano al London Stock Exchange o le costanti scelte sovietologiche contro Pmi e operatori indipendenti. Altro che lacci e laccioli. Qui sono in gioco gli interessi strategici dell'Italia che sembrano non appartenere da troppo tempo ai grandi mandarini dello Stato che Renzi sta combattendo. Non a caso ha avocato a Palazzo Chigi la "spending review". E' una guerra e va combattuta.