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Europa al bivio, Renzi non si ferma


                                  
                                                     di Guido Colomba

 Dove va l'Europa? Sono possibili nuove regole come sembra auspicare Renzi nel trattare con Von Rompuy? Intanto il FMI, allarmato dalla deflazione incipiente, continua a premere per una svolta della Bce ("deve comprare titoli su larga scala") e del Consiglio europeo. L’intervento a gamba tesa di  Tajani è irrilevante visto che la soluzione del problema dei pagamenti arretrati è al centro dell'attenzione già da due anni ed è condizionata proprio dal patto di stabilità. Il confronto con la politica della Fed e della Casa Bianca è impietoso. Obama ha puntato sul manifatturiero tanto da programmare (con forti incentivi finalizzati alla innovazione e alla ricerca) un rientro pari al 52% delle società Usa "delocalizzate". La Fed dopo avere inondato di liquidità per sei anni il sistema economico (banche e imprese) comincia, da alcuni mesi, a tirare i remi in barca riducendo a 35 miliardi al mese gli acquisti di titoli e di collateral. Al contrario, la Bce continua la politica degli annunci. Il finanziamento alle imprese non finanziarie (tramite le banche) pari a 400 miliardi di euro - con la sigla Tltro - scatterà solo a settembre e dicembre e richiede ben sei regolamenti attuativi. Né vi sono garanzie che il credito della Bce vada alle Pmi che rappresentano l'80% dell'occupazione. Nel frattempo il "credit crunch" continua, mese dopo mese, come testimoniano le statistiche della Banca d'Italia. Renzi si sta muovendo a 360 gradi e non intende fermarsi. Un compito gigantesco che ha già scatenato l'opposizione dei mandarini di Stato. Persino il tentativo di varare leggi autosufficienti riducendo al minimo (entro trenta giorni) i famigerati decreti attuativi - ve ne sono ancora 500 in lista di attesa - è stato stoppato dalla burocrazia interna del Tesoro. Si attendono precisazioni che tardano ad emergere... Al tempo stesso, la politica di Putin e la crisi globale del Medio Oriente rappresentano una nuova sfida per l'Europa. Sta di fatto che lo "shale gas" renderà, già tra tre anni, gli Usa primo esportatore verso l'Europa. Nel frattempo le riserve di petrolio americane sono salite ai massimi degli ultimi 40 anni mentre l'Europa dopo aver favorito (complice Berlino) i rifornimenti di gas dalla Russia appare inerme ed indecisa. Anche l'Eni, negli ultimi anni, si è appiattita sulle forniture di gas russo risultando vulnerabile nella politica degli approvvigionamenti diversificati. L'Italia ha ripreso una politica estera di stretta osservanza Nato tanto da rilanciare l'intesa Ue-Golfo con un negoziato di libero scambio fermo da diversi anni nel totale disinteresse del Nord Europa. Ma proprio questi obiettivi premono per una rapida attuazione della delega fiscale in mano al governo Renzi. Occorre varare un credito di imposta orientato al manifatturiero, insistere sui minibond e sulla erogazione diretta (assicurazioni, fondi pensione) del credito alle imprese. Il governo è sul binario giusto come è confermato dal boom di Ipo (offerta pubblica iniziale) in Borsa a cominciare da Cerved. Una politica di incentivi richiede però adeguati flussi finanziari che solo una spending review incisiva può assicurare visto che la pressione fiscale è ai massimi del mondo occidentale. A che punto siamo? Si intuisce che solo dopo la riforma del Senato e del capitolo V della Costituzione, si entrerà nel vivo della questione. Per l'Italia sarà la cartina del tornasole del semestre europeo.