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Cina sempre più vicina



Alberto Pasolini Zanelli
Una Cina sempre più vicina per tutti, ad ogni angolo del mondo. È il progetto più vasto, forse, e perfino più audace della Storia ma Pechino lo porta avanti con grande decisione, contemporaneamente su tutti gli scacchieri, ben sapendo che si tratta di un’operazione dai tempi molto lunghi ma senza perdere neppure un anno o un mese. “Operazione Globalizzazione”, la si potrebbe chiamare se il termine non fosse da tempo oggetto di uso ed abuso. È più preciso e misurato, allora, spendervi nomi illustri ma precisi: a cominciare da Marco Polo. Il Viaggiatore italiano che non ha mai smesso di essere più popolare dalle parti di Pechino che in quelle di Roma. Non soltanto ammirato ma “annesso”, studiato e imitato. Esso riporta un’era che ancora va sotto il nome di medioevo e, se il progetto funzionerà, aprirà veramente le porte di un nuovo millennio. Il traguardo è quello di collegare tutti i continenti in una specie di tela di ragno commerciale, gli scambi planetari “guidati” non da una mano militare ma da interessi comuni di tutte le specie.
L’ultimo passo a venire reso noto riguarda il Canale di Panama e non sono, per quella veneranda istituzione, proprio buone notizie: avrà un concorrente. Un vicino. L’istmo centroamericano subirà un secondo taglio, appena più a Nord, in Nicaragua. Dove è al potere l’unico regime della zona con le stigmate molto simili a quelle del comunismo, la terra di un regime ispirato a Sandino, di una lunga dittatura “rossa”, il teatro di una lunga battaglia diplomatica, economica e militare, di uno dei più diretti interventi di Washington alla fine del secolo scorso. Non ha per ora un nome, ma ha un prezzo: quaranta miliardi di dollari Usa. Sarà operato da una ditta di Hong Kong e c’è da augurargli di non avere traversie che conobbe il suo fratello maggiore, nato come iniziativa francese e finito americano. Anche quei quaranta miliardi non sono poi una gran cifra, rispetto alle dimensioni del programma specifico e soprattutto della strategia globale di cui esso non sarà che una modesta pedina. Negli stessi settimane e giorni, infatti, il Grande Disegno diventa evidente. Non si fanno cifre, ma a dirne l’importanza bastano i nomi geografici e quelli dei gestori politici. Sulle orme di Marco Polo si è messo in moto l’intero stato maggiore della Repubblica Popolare Cinese, con visite ad Astana, capitale del Kazakistan e Duisburg, centro industriale della Renania destinato a diventare il quartier generale delle operazioni in Europa. Il progetto è ambizioso: riportare in vita la Strada della Seta, che fu la principale, quasi l’unica, via di contatto fra l’Europa e l’Estremo Oriente, che a quei tempi era, ancor più di oggi, la Cina, l’Impero del Mezzo, insomma il centro del mondo. Di lì partivano le esplorazioni e soprattutto i commerci, una rete carovaniera più importante ancora delle vie marittime. Con uno slancio poetico ne ha dato di questi giorni una nuova definizione il presidente Xi Jinping in persona: “Già quasi sento l’eco delle campane dei cammelli nelle montagne, vedo le bandiere di fumo che si levano sul deserto”. Il presidente si definiva al ramo centrale della superstrada del nuovo millennio, quello di cui ha tracciato la rotta. Con partenza a Xian, un’antica capitale, l’attraversamento delle province occidentali della Cina, dell’Asia Centrale ex sovietica, dell’Iran settentrionale, dell’Irak, della Siria e della Turchia, prima di volgere a Nord in Russia (che pare cointeressata al progetto) fino a Mosca e di là in direzione Occidente fino alla Germania, con sbocco finale in due porti europei: Rotterdam, per gli affari e le merci; Venezia, terminal ideale e in memoria del Pellegrino italiano. Un’altra branca dovrà costeggiarla per via marittima, partendo dalla provincia del Fujian, passando per lo Stretto di Malacca, puntando su Calcutta e sullo Sri Lanka, poi circumnavigando l’Africa, attingendo il Mediterraneo a Suez e attraversandolo fino allo sfocio “obbligato” di Venezia. Con, però, una sosta in più e di bruciante attualità: a Sebastopoli, destinato a diventare una “stazione” centrale della Gran Via. Un porto che va rifatto e per cui i cinesi sono pronti a stanziare altri dieci miliardi di dollari.
pasolini.zanelli@gmail.com
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Oscar,
Obama vuol presentare una sua candidata come successore. E' quella sul quale puntano i Democratici?
Purtroppo, parlando di Obama e considerando che nella politica estera gli USA hanno commesso spesso gravi errori (IRAN docet), l'opera di Obama ha fatto crescere Putin a livello di grande statista (v. Siria ed Egitto) e di salvatore della pace. La politica USA nei confronti del Mediterraneo e del Medio Oriente (triste eredità di Bush) è stata quella di pessimizzare gli errori del passato. Forse negli USA Obama è considerato uno dei migliori Presidenti della sua storia e con grande popolarità, ma da noi europei è considerato una frana, grande delusione dopo avergli assegnato a preventivo il Nobel della Pace. Non esiste un quotidiano europeo che lo salva (non parliamo, poi, della Merkel, anche se lui c'entra soltanto per omessa vigilanza).
Ok per la Clinton (forse troppo magnificata dalla stampa europea), ma certo non può essere Kerry il meglio da offrire sulla platea internazionale.
Comunque, noi ci curiamo il Renzi, per il momento.
Un abbraccio
Aldo