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W.D.C sotto traccia - Capitolo 8


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Capitolo 8

1150, Quindicesima Strada a pochi blocchi dalla Casa
Bianca. La sede del Washington Post con la solita Lynotipe
messa nella hall. Il Washington Post, il più vecchio quotidiano
americano, fondato nel 1871 aveva 740 giornalisti. Il
Palmares di questo giornale annoverava 47 premi Pulitzer
conquistati dai suoi reporter ogni anno.
Anche se ogni tanto gli capitava di incappare in qualche
infortunio. Come il caso della giornalista Janet Cooke che
nel 1980 aveva vinto il Pulitzer per una serie di articoli che
narravano le disavventure di un ragazzino eroinomane, “Jimmy’s
world”. Tutto inventato e la donna aveva dovuto restituire
il premio.
Il Post era entrato nella leggenda quando nel 1970 una
inchiesta dei suoi giornalisti investigativi, Bob Woodward e
Carl Berstein, aveva minato la credibilità del Presidente Nixon
affrettandone le dimissioni.
Erano le 8:30 di sera. Ormai tutte le pagine erano state
chiuse salvo lo spazio per una ribattitura nel caso fosse successo
qualcosa di grosso.
Studio dell’Editor in Chief. Di fronte due giovani redattori,
Norman O’Brien a Cintia Bradley.
“Direttore, disse Norman, abbiamo fatto verifiche incrociate
a non finire. Ci stiamo lavorando da mesi come sai.
Siamo andati a Boston a parlare con la Pallettieri e abbiamo
registrato i nostri incontri. Poi sai bene che fine ha fatto la
maitresse, anche se non è chiaro se si trattava di balordi o di
qualcuno che agiva su commissione”.
Il direttore sempre impeccabile nel suo doppio petto che
lo aveva reso famoso, eccezione all’immagine del giornalista
scamiciato e sudato, ascoltava, viso impassibile, capello accuratamente
tagliato e sfumato da Melo, famoso barbiere del
Watergate.
Norman continuava, un po’ affannato: “Tra i clienti della
Pallettieri vi sono alcuni principi arabi sauditi al massimo
della gerarchia della famiglia reale. Al Qaeda con le sue nuove
basi e campi di addestramento in Yemen e Somalia sta preparando
attentati proprio in Arabia Saudita per minarne la
consistenza di potere.
L’accusa mossa da decenni da parte dei fondamentalisti
arabi è che questo stato è colluso da sempre con l’odiato infedele
americano e i suoi alleati. È inutile che sottolinei a te, direttore,
quale botta di immagine sarebbe per l’Arabia Saudita
se si venisse a sapere che membri della famiglia al piu’ alto
livello frequentano nelle loro visite di stato in America escort
superpagate, consumando litri di alcoolici e droghe. Eh?”.
Nessuna reazione da parte del mega direttore. Il doppio
petto si alzava e abbassava con ritmo lento proprio di chi
mantiene in forma il proprio fisico con prolungate sedute
in palestra e jogging premattutino alle sei, prima di recarsi al
giornale verso le dieci per la riunione di redazione.
Norman guardò alla sua destra Cintia Bradley che, mentre
seguiva l’esposizione del collega, si mordeva un’unghia. Cintia
ricambiò con uno sguardo rassegnato.
Norman ormai non aveva scelta se non quella di andare
avanti. Sentiva che i suoi argomenti non penetravano la spessa
scorza professionale del capo.
“La pubblicazione di queste storie sarebbe un contributo
all’azione dei verdi che vogliono promuovere le energie
rinnovabili alternative a quelle fossili. Soprattutto al petrolio.
O meglio a quelle enormi quantità che siamo costretti
a importare dai diversi scacchieri del globo. Ma soprattutto
dall’Arabia Saudita”.
Il doppio petto dirigenziale ebbe un moto di vitalità. Si
schiarì la voce e disse:
“Vedo che avete fatto un gran lavoro e ho letto con attenzione
quanto mi avete sottoposto. Lasciatemi consultare il
nostro dipartimento legale per averne un parere vincolante
sui rischi ai quali potremmo andare incontro. Vi farò sapere.
Buon lavoro”.
Un sorriso tiepido, mezzo abbozzato e stretta di mano
quasi morta. E i due uscirono dalla stanza seguiti dagli sguardi
di decine di colleghi che nei loro cubicoli facevano finta
di lavorare.
Il direttore compose un numero interno: “Sam, quei due
vedi di mandarmeli subito alla cronaca”. Disse il direttore
mostrando per la prima volta una qualche emozione. “Per favore
non mi stare a rompere anche tu. Fai quello che ti dico.
Ho le mie buone ragioni”.
E Sam il caporedattore centrale scrisse sulla sua agenda che
il giorno dopo avrebbe dovuto chiamare Norman e Cintia.
Per comunicare loro che, il direttore aveva deciso di fargli
fare esperienza in un settore, quello della cronaca cittadina,
che aveva bisogno di essere rivitalizzato con storie nuove e
interessanti che facessero aumentare le vendite. E loro erano
proprio i reporter più adatti. Ovviamente un piccolo ritocco
allo stipendio con un bonus avrebbe potuto essere molto
convincente.
Sulla L Street a cento metri dall’ingresso del Washington
Post c’era il Post Pub. Frequentato, manco a dirlo, soprattutto
dai reporters del giornale. Vi si mangiavano degli splendidi
cheese burger con french fries. Il tutto innaffiato dalle migliori
birre.
Norman era seduto al bancone del bar, si teneva la testa tra
le mani e guardava la propria immagine riflessa nello speccho
di fronte. Mary, la bartender in là con gli anni e materna,
nel versargli il terzo bicchiere di voda Stolichnaya gli chiese:
“Che succede, Norman? Hai bucato un paio di gomme?
Norman sorrise e rispose: “Le solite cose che ti capitano
quando fai un lavoro come il mio. Il peggiore a livello planetario”.
Una mano gli si posò sulla nuca e cominciò ad accarezzargli
la testa.
“Dai Norman, disse Cintia che era sopraggiunta nel frattempo.
“Andiamo a festeggiare da un’altra parte l’inculata
che ci hanno dato stasera. Tu sei già bollito a dovere e non
puoi guidare. Ci penso io. Altrimenti se ti beccano i poliziotti
mentre sei al volante… piove davvero sul bagnato”.
Cintia pagò le consumazioni a Maria che disse: “Fai proprio
bene, sai? Non l’ho mai visto così depresso”.
Poi Norman e Cintia uscirono dal locale. Lui in equilibrio
precario.
Vicino al Post Pub c’era uno dei tanti garages, convenzionato
col giornale. I due salirono sulla Ford Focus di Cintia
che avviò il motore e si diresse verso Georgetown. Il servizio
meteorologico aveva annunciato un forte storm su Washington.
Le cateratte del cielo si aprirono e riversarono acqua a
catinelle sulla Capitale della Federazione. I tergicristallo non
riuscivano a pulire il vetro e Cintia si trovo’ di fronte una
colonna di macchine che procedevano a velocita’ quasi zero.
“Proprio il tempo giusto per la conclusione di una giornata
come questa... !”, disse Cintia parlando ad alta voce.
Nessuna reazione da parte di Norman che si era assopito,
testa abbassata sul petto, trattenuto dalla cintura di sicurezza.
Arrivati alla Trentunesima strada Cintia trovò uno spazio
dove parcheggiare quasi di fronte a casa sua. Uscirono dalla
vettura giusto in tempo per prendersi un’altra sgrullata di
pioggia.
Un piccolo cortile sul quale si aprivano le porte di cinque
single house.
“Versati un whisky, tanto uno più o meno. Vado un momento
in bagno. Tieni: prendi questo telo e asgiugati che sei
completamente fradicio”.
Norman si diresse al tavolo dove erano alcune bottiglie di
liquore e si servì una solida dose di biondo whisky di malto.
Niente ghiaccio perché non voleva uccidere l’aroma di un
nettare invecchiato dodici anni in fusti di rovere.
Sentì scorrrere l’acqua nella doccia e capì che la serata doveva
concludersi in un certo modo. Non era la prima volta
con Cintia, una ragazza che non creava mai dei problemi.
Efficiente sul lavoro come pochi colleghi e deliziosa quando
le prendeva il ruzzo di fare un po’ di sesso.
E, bisognava riconoscere che Cintia aveva un bagaglio tecnico
culturale di primo livello nel fare all’amore. Si capiva
che per lei era un modo non solo per soddisfare un legittimo
desiderio, ma anche la voglia di far felice il suo partner del
momento.
Dopo alcuni minuti Cintia uscì dal bagno avvolta in un
accapatoio rosa, che sottolineava il rosso dei suoi capelli e
che subito volò per terra. Anche Norman si era spogliato.
Almeno in parte. Cintia gli si inginocchiò davanti sfilandogli
i pantaloni e tutto il resto.
Si stesero per terra. Poi Cintia cominciò a cavalcarlo. Con
grande eccitazione perché l’alcool ingurgitato da Norman
non aveva influito sulla sua performace.
Cintia, schiena eretta, modulava con flessibilità il bacino,
muovendosi lentamente per assaporare il corpo di chi la stava
penetrando in profondità.
Dietro la nuca sentì un freddo contatto. Questione di un
secondo prima che il colpo della Beretta calibro nove con
silenziatore le mandasse in frantumi la testa.
Per poi dirigersi verso il viso di Norman e scaricare nel suo
occhio sinistro un altro colpo.
Habib Fareh ripulì con un lembo del lenzuolo la pistola
che ripose nella fondina sotto il braccio e si avviò verso la
porta. Uscito in strada si avvicinò alla sua auto che aveva
parcheggiato poco distante.
Prima di mettere in moto estrasse dalla tasca il cellulare e
digitò un numero. Quando dall’altra parte alzarono il ricevitore
disse: “Fatto”. Accese il motore e, stando bene attento
a non superare le venticinque miglia, si diresse verso il Maryland.
Ad ogni stop bloccava la vettura perché sapeva che il
governo del Distretto di Columbia aveva aumentato le pattuglie
di poliziotti nascosti dietro gli incroci. Pronti a beccare
chi non fermava completamente le ruote prima del segnale.
Con questo sistema gli introiti nella casse del comune di Washington
DC erano aumentati negli ultimi mesi.
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  (Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente
esistenti o esistite è da ritenersi puramente casuale.
Any resemblance to real events and/or to real persons, living or dead, is
purely coincidental)