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Disoccupati: arrivano i robots




 Atlas
Alberto Pasolini Zanelli
Tra un paio di settimane prenderà il via, dalle parti di Boston, la prima gara vera e propria della nuova “Formula Uno”, quella di un Futuro che è già arrivato: il Gran Premio senza piloti. Al via si presenteranno dei robot ed è un segno dei tempi che la notizia susciti sì interesse ma non propriamente una sorpresa. Al massimo è una anteprima di come i tifosi passeranno fra poco tempo le domeniche pomeriggio di fronte agli schermi televisivi. I concorrenti, per cominciare, non avranno le ruote: si affideranno a quattro gambe, arti idraulici, macchinette disegnate e prodotte da un team di studenti dell’Istituto Politecnico di Worcester, liberi di scegliere, per ora, il proprio ideale di macchina, da poderosi formati che pesano quintali ad agili piccoli siluri controllati da “remote control cars”.
Non sarà una maratona, tutt’altro. I concorrenti dovranno percorrere in tutto un chilometro, andata e ritorno. Alla svolta riceveranno, immagino al volo, il lauto premio di un bel pacchetto di confetti, prima di “aggredire” la curva del ritorno. Che da come lo raccontano non appare troppo ardua e che comunque paiono ben attrezzati per domarla. Almeno i modelli più raffinati, i favoriti, i Nuvolari del ventunesimo secolo. Non hanno dei nomi, naturalmente, neanche delle marche. Sono prodotti evidentemente artigianali, ma hanno, per esempio, il “potere” di prenderle, quelle curve, nel modo che vogliono e tutti, a quanti pare, senza ruote, bensì quattro gambe muscolose quanto artificiali. I due “assi”, quelli che animeranno la sfida, si chiamano Walrus e Hydro Dog, il secondo pare sia leggermente più fragile ma ha “gambe” di alluminio e gomma che si riempiono di acqua e poi la spingono fuori, usando il cambiamento in forme che risultano in una “fornitura” in grado di scavalcare, sormontandolo, il “bolide” concorrente che non gli concedesse il passo graziosamente e presto.
Dureranno comunque molto di più i commenti che non la fulminea gara e investiranno temi ben più ampi. Riceveranno buoni applausi quei robot dai non molti spettatori previsti, ma non mancheranno di tirarsi addosso critiche e soprattutto allarmi. Erano molto impopolari quando erano solo una ipotesi, un sogno, che non oggi che esistono, sono fra noi e ci accorgiamo che sono anche una minaccia. Ben più concreta dei piccoli esseri verdi che nelle favole arrivano da Marte o giù di lì: sono terrestri e invadono la Terra. Per colonizzarla, cominciando dalla proprietà più diffusa fra gli uomini e le donne dei precedenti secoli e millenni. Si danno ancora più ansie loro che non i loro cuginetti più cresciuti e più cattivi, i drones che vengono giù, come in una sopravvissuta canzone patriottica, “come folgore dal cielo”. Gli altri non fanno la guerra ma neppure l’amore: lavorano, troppo, troppo bene e, soprattutto, costano troppo poco e dunque obbedendo elettronicamente alle Leggi di Mercato, si fanno una concorrenza schiacciante, a ritmo crescente, in ogni settore. La Mercedes sta preparando una macchina senza guidatore, Google ne ha già una. Una catena di ristoranti ha già installato 45mila tablet dove i clienti possono pagare il conto, fare giochi e ordinare senza incontrare l’ombra di un cameriere. Un albergo ha dei piccoli robot in forma di aiutanti dei giocatori di golf. Una catena di negozi sta sperimentando un robot che saluta i clienti e li indirizza nel “corridoio” giusto. Sono in giro delle androidi dall’aspetto femminile, che parlano, respirano e sbattono le palpebre; più un robotino, che si chiama Asimo in onore del pioniere della fantascienza Isaak Asimov, che assomiglia a un astronauta e Aibo, un robot canino che non solo sembra un cane ma “riconosce l’ambiente che lo circonda”.
È già un pezzo da museo il computer Ibm che per primo sfidò e sconfisse il campione del mondo Kasparov nel 1996, un secolo fa. Nella scorsa primavera un algoritmo ha scritto un articolo con succose novità a proposito di un terremoto sulle colonne del Los Angeles Times. Di che cosa è rimasto il bisogno, ai lavoratori della vecchia terra? Non solo di operai ma di pensatori, imprenditori, probabilmente anche filosofi. Certo non di piloti, da corsa e no. Qualche mese fa Barack Obama andò a “provare” un’”auto del futuro” in un negozio di Washington. Scoprì, il leader del mondo libero, che quell’auto era senza volante. C’è disoccupazione anche per la leadership?