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Il grilletto facile delle varie polizie negli USA


 Reaction to rioting in Baltimore

 At least 385 killed by police
so far this year

A Post analysis reveals about 2.6 fatal police shootings a day in 2015, nearly twice the rate reported by the FBI in the past decade — a statistic based on incomplete data from police agencies.

221 di questi avevano armi che hanno puntato contro gli agenti. Gli altri erano disarmati e questo fa capire la ragione delle varie grandi proteste che si sono succedute negli ultimi tempi, da Fergusson, (St. Louis) a Baltimore.

Beau Biden, il figlio di primo letto del vicepresidente degli Stati Uniti e' morto

 


Beau Biden, il figlio di primo letto del vicepresidente degli Stati Uniti e' morto a seguito di un tumore cerebrale.
Beau Biden, avvocato, ex procuratore generale del Delaware aveva 46 anni, sposato e due figli.

Nel 1972 la moglie del vice presidente Joe Biden, Neilia, e la figlia di diciotto mesi Naomi perirono in un incidente stradale.
La station wagon sulla quale viaggiavano insieme ai due maschi venne urtata da un articolato impazzito. Beau Biden e suo fratello feriti gravemente sono sopravvissuti.

L'attuale vicepresidente Joe Biden, appena eletto senatore, avrebbe dovuto giurare ma si rifiuto' perche' voleva restare in ospedale accanto ai figli. Solo per le insistenze di grandi personaggi politici come Ted Kennedy, Mike Mansfield, Hubert Humphrey Joe Biden si decise a giurare. Ma ogni sera prendeva un treno e si recava nell'ospedale del Delaware per stare qualche ora con i figli.

Prima della malattia molti analisti politici erano sicuri che Beau Biden avrebbe avuto un grande avvenire politico grazie alla sua preparazione giuridca, al suo aspetto piacevole coniugato con una dote di grande simpatia.

Nei Paesi Baltici la crisi è nell’aria.




Alberto Pasolini Zanelli  (Riga)
Nei Paesi Baltici la crisi è nell’aria. Da mesi forze aeree della Nato conducono esercitazioni dalla Lettonia alla Lituania, senza neppure tentare di “spersonalizzare” il “nemico”. Sono manovre unicamente e apertamente antirusse. E sono una presenza costante. Cambiano i partecipanti, i modelli militari ma non la direzione di marcia, o di volo. Vi hanno partecipato ormai quasi tutte le nazioni Nato, inclusa l’Italia che ha mandato una squadriglia di caccia a pattugliare i cieli apparentemente incolumi della Lituania. Naturalmente ci sono gli alleati più stretti dei Paesi Baltici, gli scandinavi e, soprattutto, gli americani, che hanno i “modelli” più nuovi da mostrare, con effetti molto incoraggianti per la popolazione civile. I governi chiedono, di tanto in tanto ma alquanto spesso, presenze nuove o prolungate, ulteriori esperimenti e soprattutto un più chiaro messaggio alla grande nazione confinante con queste tre piccole Repubbliche.
I russi, naturalmente, non vogliono né potrebbero essere da meno e perseguono analoghi test, estendendoli fino agli spazi aerei e alle acque territoriali di Paesi come la Svezia. Inoltre Putin si serve anche della retorica delle parole, in cui sovente eccelle e regolarmente denuncia, anche in prima persona, quello che definisce il “pericolo nazista” in quell’angolo del Baltico. Egli afferma che “fenomeni di neonazismo sono diventati abituali in tutti i Paesi baltici, particolarmente in Lettonia”, che ospita, soprattutto nella sua regione più orientale, una nutrita componente etnica e linguistica russa. Il riferimento è anche di quasi attualità: qualche mese fa sfilarono per Riga un paio di migliaia di ottantenni e novantenni, alcuni indossando le uniformi delle Waffen SS. Marciarono, con passo alquanto meno marziale di allora, per ricordare le battaglie del 1944, al tempo del riflusso militare, della ritirata definitiva delle armate di Hitler e dell’avanzata decisiva di quelle di Stalin. Fra i due mali, molti lettoni scelsero quello che pareva loro il minore e si arruolarono in centomila per combattere i russi sotto l’effigie di chi gli forniva armi e divisa. Una “stranezza” della Storia che si spiega con il passato e, all’epoca, il presente delle popolazioni baltiche, indipendenti fieramente dal medioevo e collegate all’Occidente dalla loro presenza nella Lega anseatica, nata nella Germania settentrionale. Questa indipendenza fu demolita quando lo Zar Pietro il Grande decise di fare della Russia una potenza anche marittima, costruì Sanpietroburgo e si annesse le zone costiere vicine. Il ritorno all’indipendenza si fece attendere fino al 1918 e non durò molto: già nel 1939 l’Unione Sovietica stipulò un accordo con la Germania (il Patto Stalin-Hitler) che restituiva quelle Repubbliche a Mosca. Due anni dopo esse furono invase dai tedeschi, che furono accolti piuttosto favorevolmente perché combattevano contro i russi. Che però prevalsero e già alla fine del 1944 i baltici erano ritornati al dominio sovietico.
Un andirivieni che portò lutti e persecuzioni e scatenò le passioni di parte di quei popoli. La terza indipendenza, quella odierna, è figlia della disgregazione dell’Urss, ma la memoria non poté che essere tenace e ravvivata dalle vessazioni del regime di Stalin, che comprendevano la deportazione o “eliminazione” delle borghesie baltiche e l’immigrazione di ceti operai russi per l’industrializzazione. Cattivi ricordi risvegliati dagli eventi attuali in Ucraina, fino a far tracciare paralleli con le peripezie di questi popoli così diversi. In parte sono i russi a subire ora delle discriminazioni e quindi a rivolgersi alla madrepatria per qualche forma di appoggio. Putin balzò presto sull’occasione e proclamò, riciclando in parte una frase già pronunciata da Hitler, che la Russia “non può rimanere inattiva di fronte alle minacce a dei suoi cittadini”. A proposito dei Paesi Baltici queste rimasero parole, nel caso dell’Ucraina si sono trasformate in fatti e suscitano forti timori a Riga, Tallinn e Vilnius, donde partirono appelli alla solidarietà del ritrovato Occidente. Di qui la presenza, soprattutto ma non esclusivamente aerea, della Nato. Di qui anche un progetto che, non ancora attuato, ha contribuito più di ogni altro a esacerbare le reazioni del Cremlino: l’installazione di difese antimissilistiche tra la Lituania e la Polonia con la giustificazione un po’ singolare che queste barriere erano necessarie per difendere quelle zone nordeuropee prossime alla Finlandia da attacchi nucleari iraniani. Bush intendeva probabilmente farlo, Obama ha rinviato e rallentato l’iniziativa, non però interamente: il Congresso di Washington ha deciso stanziamenti di centinaia di milioni di dollari “per dissuadere la Federazione Russa dal destabilizzare ed invadere Stati indipendenti dell’Europa Centrale e Orientale”.

Martin O'Malley announces presidential campaign


 O'Malley-Portrait-2013.jpg
 Martin O'Malley ex sindaco di Baltimora e ex governatore del Maryland ha annunciato in un affollato comizio nel parco della sua citta' che concorrera' alle elezioni presidenziali del 2016.

Cinquantadue anni, nato a Washington , laureato in legge alla Catholic University, come sindaco della piu' turbolenta citta' d'America e' riuscito a ridurre il crimine e ad avviare una solida ripresa economica di Baltimore. Come governatore ha ottenuto la triple AAA per questo stato che si e' completamente ripreso dalla crisi del 2008. Sposato con un magistrato ha quattro figli.

Martin O'Malley e' uno strenuo assertore della green economy. La sua candidatura viene alla ribalta della politica americana proprio nel momento in cui e'confermato che le industrie del fossile hanno investito centinaia di milioni di dollari per 'convincere' gli scienziati sulla 'bonta' del bruciare petrolio, benzina, gas, carbone. Questa campagna tutt'ora in corso si avvale di decine di grandi societa' di lobby e PR e viene assimilata, quanto a risorse impegnate e a disinformazione, alla campagna decennale svolta dalle aziende del tabacco.

Oltre ai suoi meriti come politico e amministratore Martin O'Malley ci tiene a rimarcare il suo ruolo di cantante chitarrista di una band piuttosto nota.
E questo, perdonate il vostro corrispondente, ce lo rende particolarmente simpatico.

Martin O'malley non tralascia occasione per dire che l'America da paese delle opportunita' e' divenuta il paese delle diseguaglianze. Il nuovo candidato democratico alle presidenziali si scaglia contro le 'corone reali' familiari (ovvio riferimento ai Bush e ai Clinton) che vogliono continuare a comandare negli Stati Uniti.

La signora Clinton si trova adesso a fronteggiare un vero competitore, oberata come e' dalle notizie sulle sue irregolarita' amministrative, sull'episodio dell'uccisione dell'ambasciatore americano a Bengasi, sui finanziamenti alla propria fondazione di incerta e non dichiarata origine.

Lo spettro che sgomenta Varsavia è quello russo



 Warsaw Old Town

Alberto Pasolini Zanelli (da Varsavia)
No, non c’è solo la Grecia ad angosciare gli architetti d’Europa. E neanche solo la Spagna, che pure mostra di voler incolonnare Barcellona e Madrid dietro Atene. C’è anche la Polonia, arrabbiata, preoccupata, angosciata quanto le sue “sorelle mediterranee” ma che esprime il proprio malumore in un modo diverso e in una direzione opposta: i Tsipras e gli Iglesias si buttano tutti a sinistra, i Duda si volgono, altrettanto recisamente, a destra. E non si elidono a vicenda, come potrebbe bastare: si sommano, anzi; mettono assieme un impressionante consenso per gli euro critici, motivati diversamente, in condizioni differenti ma egualmente preoccupati, ingrugnati, angosciati.
I polacchi dovrebbero esserlo, in teoria, meno degli altri, dal momento che nell’Europa cosiddetta unita il malumore prevalente è quello economico. Soprattutto proprio in Spagna e in Grecia (aspettiamo a parlare dell’Italia a urne riaperte), ma anche in Portogallo, in Irlanda, in Belgio, a Cipro, a Malta, magari anche in Francia. Ma mentre a Madrid, a Lisbona, a Roma eccetera si sventolano nelle strade i portafogli vuoti (e magari, come ad Atene, si intrecciano negoziati “alternativi” con Mosca), lo spettro che sgomenta Varsavia è proprio quello russo. Greci e spagnoli domandano rinvii nel pagamento di debiti esorbitanti, i polacchi invocano più armi. Non una ricostruzione industriale, ma un rafforzamento della difesa nazionale. Con fermezza, insistenza, perfino con attenzione eccessiva. Non si limitano a temere di diventare una Ucraina del Nord, ma attaccano questa ansia a quasi ogni sorta di problemi. Negli ultimi giorni, per esempio, agli scandali calcistici. Mentre le società e i tifosi si preoccupano delle conseguenze in area di rigore e l’Fbi coglie un’occasione in più per ribadire che è lei a decidere se un problema riguarda l’America o meno, in Polonia si lancia una crociata per la destituzione del presidente della Fifa, lo svizzero Joseph Blatter, o almeno contro la sua rielezione. E questo non per le bustarelle, a volte corpose, consegnate da qualcuno prevalentemente ai rappresentanti di micronazioni in cambio delle assegnazioni delle sedi dei mondiali, ma per cercare di cancellare dal calendario l’edizione 2020, assegnata alla Russia. L’argomento buttato sul tavolo dai dirigenti sportivi è: i russi hanno invaso un altro Paese e quindi non si meritano di accogliere dei Giochi internazionali.
Il nuovo presidente della Repubblica, il “falco” Andrzej Duda, tiene naturalmente altro linguaggio, molto serio e certamente più fondato: quello che gli è servito ad essere eletto a sorpresa presidente della Repubblica contro i desideri del governo di Varsavia e le previsioni basate sul momento piuttosto felice dell’economia. E riesce a farsi prendere sul serio da Putin, che entra nella polemica, si schiera con il manager-maneggione svizzero e accusa Washington di tirare le fila della manovra per non farlo rieleggere. Il presidente russo, uomo di intensa attività fisica, prende molto sul serio lo sport, pronto anche ad attivare crisi diplomatiche internazionali pur di pervenire a glorie di quel genere e i suoi avversari lo seguono in questo. Pochi hanno dimenticato come nacque la crisi oggi in corso fra Mosca e Washington, la più seria dopo la fine della Guerra Fredda. La lanciarono, ben prima degli eventi in Medio Oriente e della comparsa di Isis, le Olimpiadi invernali a Sochi, nel Caucaso. Gli Stati Uniti e altre nazioni boicottarono la cerimonia inaugurale cui Putin teneva moltissimo perché era una recitazione di glorie nazionali, con la scusa che in Russia erano state introdotte “misure discriminatorie nei confronti degli omosessuali”. Cominciò così lo scambio di sgarbi che si estese fino a far rispuntare in qualche modo ombre da Guerra Fredda, con risonanze immediate nell’opinione pubblica russa e, di conseguenza, nei più russofobi fra i Paesi confinanti. Almeno fino a quando l’infaticabile Segretario di Stato John Kerry intraprese il suo ennesimo viaggio a Mosca e “intiepidì” di nuovo l’atmosfera.
Ma la Polonia è un caso diverso. La sua geografia e la sua storia comportano, giustificano e rendono quasi obbligatori rancori antichi e tenaci con due spettri: Germania e Russia. Ma con la Germania è in corso un riavvicinamento accorato ed accorto, condotto con grande sensibilità perfino dalla signora Merkel. La Russia è tutt’altra cosa, un’altra faccia del destino, contrassegnata anche da sventure della sorte. L’ultima volta che i due popoli cercarono di riabbracciarsi, naturalmente dalle parti di un cimitero, precipitò, prima di atterrare a Smolensk, l’aereo che trasportava, quasi intero, il governo polacco. Duda è uno dei sopravvissuti, da oggi il più potente.
Pasolini.zanelli@gmail.com

"I bambini sanno", secondo Veltroni

I bambini sanno: TrailerI bambini sanno Full MovieCi voleva Walter Veltroni per sollevare il morale degli italiani che assiepavano l'auditorium dell'Ambasciata italiana a Washington per la presentazione del suo docu-film, "The Children Know", prodotto da Sky.

Ossessionati e angustiati come siamo dall'infima conclusione della campagna elettorale per le regioni, caratterizzata da un miserabile pollaio di accuse reciproche e voglia di uscire dall'Europa (senza sapere dove andare dopo), il film di Veltroni con le interviste fatte a 39 ragazzini della fascia nove tredici anni, ci ha fatto sperare che l'Italia avra' un futuro, almeno quando questi bambini saranno cresciuti.

Consigliamo questo film a chi voglia respirare un po' d'aria buona, dimenticando per 113 minuti le porcherie, le parolacce, i panettoni mediatici, le sgallettate di turno che ci vengono proposte sugli schermi con i soldi dei contribuenti italiani, visto che si tratta di 'opere di alto livello culturale'.

Quanto alle domande del pubblico che esulavano dal film e lo provocavano sull'attualita' italiana, Veltroni, con grande classe, ha detto che i bambini non possono essere associati alla politica.

Peccato per l'Italia che Walter Veltroni abbia deciso di dare le dimissioni dalla Camera. C'e' bisogno di persone ome lui.

I bambini sanno Full MovieI bambini sanno - Trailer Ufficiale
Locandina I bambini sanno

Capitolo 35 del giallo "W.D.C sotto traccia"



House of the Temple.JPGInformiamo i nostri Carissimi Lettori che e' online il capitolo 35 del giallo "W.D.C sotto traccia" (Oscar Bartoli  Editore Betti) che puo' essere scaricato cliccando su:


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Il braccio di ferro tra Washington e Berlino alla stretta finale




Obama e Merkel falam pela 1ª vez desde expulsão de chefe da CIA em ...

Guido Colomba

Nell'attuale caos geo-politico è poco probabile che la Fed proceda ad un secondo salvataggio dell'euro senza adeguate contropartite da parte della Merkel e dei suoi falchi del Nord. Se ne è fatto portavoce Mario Draghi: "Senza riforme l'unione monetaria è a rischio". Il presidente della Bce è stato molto esplicito:"Le divergenze tra i Paesi tendono a diventare esplosive e minacciano l'euro". Vi sono alcuni punti fermi. (1) Le Borse continuano a consolidare (talora a migliorare i risultati ottenuti) ma, di fatto, sono nelle mani delle banche centrali. Se si chiude il rubinetto della liquidità illimitata, lo scoppio della "bolla" diviene un rischio reale. (2) Di qui la crescente asimmetria con l'economia reale. Le proteste elettorali della Spagna e della Polonia riflettono questa situazione e spingono Renzi a chiedere "un'Europa costruita dal basso". (3) Romano Prodi, ex presidente della Commissione, avverte che l'Europa è alla canna del gas."Nel 2012, ha ricordato, con 30-40 miliardi si poteva risolvere la crisi greca. Oggi rischia di costare dieci volte di più". (4) Lo stesso Tsipras denuncia l'incongruenza della UE di chiedere un avanzo primario alla Grecia che ha il 25% di disoccupazione ed ha già licenziato 240.000 dipendenti pubblici. "L'austerity - ha detto - l'abbiamo già fatta". Quale è la risposta di Bruxelles? Il piano Junker, a nove mesi di distanza dall'annuncio, è divenuto un ectoplasma con buona pace di quanti ne hanno cantate le lodi. Inoltre il potere della Commissione si è trasferito a Berlino. L'errore principale della Cancelliere tedesca è di avere assunto, dal 2012 ad oggi, una posizione in netto contrasto con la Casa Bianca e con la Fed. L'esempio più eclatante è il ritardo della Bce, provocato dalla Merkel, nel dare attuazione al QE che oggi appare di segno opposto alla Fed. Un incrocio a somma zero. Ecco perchè l'ottimismo di Visco è del tutto fuori luogo e ricorda le affermazioni di Saccomanni ai tempi del governo Monti (2011-2012). La Banca d'Italia non solo ha perso gran parte del suo potere, dopo l'avvento della vigilanza unica della Bce, ma continua a subire i contraccolpi intellettuali di un modello di riferimento (quello tedesco) del tutto negativo per gli interessi italiani. Il "capitalismo di relazione" ha visto per troppi anni in prima fila proprio i vertici di palazzo Koch. La vicenda Mps (con il contorno dei derivati "swaptions") costituisce l'esempio più classico. Ed è inutile che Bazoli si erga a paladino a tempo scaduto. Purtroppo, l'Italia non è ancora attrezzata (la riforma della PA è già in ritardo) per gestire la nuova situazione. C'è una spesa pubblica che soffoca il Paese (Sergio Rizzo ha denunciato le "diecimila sedi dello Stato") nonostante la crisi del debito sovrano esplosa nel 2012. Non a caso il debito pubblico continua a salire. La correlazione è diretta: l'onda antisistema si ferma solo eliminando sprechi e corruzione.