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Bad bank in primo piano


                          
 Guido Colomba

(The Financial Review - Year 53, n.916) Come un fiume carsico la "bad bank" riemerge con il suo carico di "no performing loans" (le "sofferenze" sfiorano i 190 miliardi). Se ne parla da mesi ma il nodo delle "garanzie" statali è ancora in piedi proprio mentre la Bce sta alzando i requisiti patrimoniali di oltre cento banche delle 128 dell'area euro. In pratica piove sul bagnato. Tuttavia, Padoan è ottimista e afferma che l'accordo è oramai in dirittura di arrivo. Se ne parlerà a Roma per due giorni tra la commissaria alla concorrenza Ue, Margrethe Vestager, e i top strategists Padoan, Visco e Guidi. Sarà un algoritmo molto complesso a sbloccare la situazione? Il governo italiano deve dimostrare che il prezzo di riacquisto dei NPL (No performing loans) non avverrà a prezzi gonfiati per favorire le banche italiane ma a un prezzo equo di mercato. Con l'aiuto di Boston Consulting Group, è stato elaborato un algoritmo che recepisce le modalità di individuazione del prezzo di mercato. Tra i vari elementi si tiene conto dei recenti decreti governativi per velocizzare le azioni legali nel recupero dei crediti e per un regime fiscale analogo a quello europeo. Dunque, il governo Renzi ha fatto i compiti a casa in maniera adeguata prevedendo un veicolo (la bad bank) che si finanzia sul mercato (emissione di bond) per acquistare gli attivi bancari deteriorati. Lo Stato garantirà i bond in caso di perdita. I colloqui tecnici dovranno proprio verificare la compatibilità di queste riforme con le norme europee sia in tema di concorrenza che dei vietatissimi aiuti di Stato. Il clima sembra favorevole tanto che a Bruxelles si parla di "contatto stretto e costruttivo con le autorità italiane". Vi è una premessa tecnica: Padoan ha già creato le condizioni normative per sviluppare un mercato secondario per la gestione dei crediti deteriorati. Un anello fondamentale per rendere credibile il ruolo di mercato della bad bank. Il problema è molto sentito dalle banche di medie dimensioni che portano negli attivi di bilancio il peso delle sofferenze. I due maggiori gruppi bancari (Intesa San Paolo e UniCredit) si sono smarcati ed hanno provveduto in proprio attraverso un accordo con partner esteri (KKR e Alvarez & Marsal) che partecipano ad un "veicolo" già varato. Perchè la Bce insiste nel chiedere continui aumenti nel patrimonio delle banche soggette alla sua vigilanza? Dal mese scorso, la crisi cinese e quella dei Brics continua ad allarmare le banche centrali. Chiaramente, non è bastata al G20 svoltosi in Turchia l'autocritica del governatore della banca centrale cinese,Zhou Xiaochuan, che di fatto ha ammesso lo scoppio della bolla finanziaria (tanto da bloccare da cinque mesi gli investimenti sul'estero). In soli tre mesi le riserve valutarie di Pechino sono diminuite di 315 miliardi di dollari di cui 94 miliardi nel solo mese di agosto. Al tempo stesso, vi è stata una massiccia fuga di capitali stimata in 234 miliardi di dollari nel secondo trimestre (la Russia ha subito nei mesi passati un trend analogo) più le uscite di luglio ed agosto. La caduta del petrolio e di molte materie prime ha colpito ovunque. Nel complesso le riserve valutarie delle banche centrali sono diminuite di 600 miliardi di dollari anche attraverso la vendita di T-bonds Usa (almeno un terzo di questa cifra). Prima della crisi la Cina deteneva titoli di Stato americani per più di 1270 miliardi di dollari. Da qualche mese sta vendendo attraverso il sistema Euroclear con sede a Bruxelles. Mancano dati ufficiali aggiornati. Una situazione che aggiunge incertezza alla riunione della Fed in calendario il prossimo 17 settembre.