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Spending review, nuova partenza?


Guido Colomba

La “spending review” riparte con il bilancio 2017. Finalmente entreranno in vigore i tagli sulle società partecipate degli enti locali. Un risparmio atteso di 6-7 miliardi. Un discorso che va di pari passo con la pressione fiscale. Lo Stato centrale ha effettivamente ridotto, se pur di poco, la pressione fiscale in questi ultimi anni. Ma, in piena controtendenza, gli enti locali hanno aumentato ad una media del 140 %, negli ultimi otto anni, il prelievo medio sui propri cittadini. Il saldo complessivo di queste due opposte tendenze ha determinato un aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini italiani. Con l'aggravante che gli enti locali hanno diminuito del 5% gli stanziamenti per lo sviluppo nei primi sei mesi del 2016 benchè siano stati liberati dal vincolo del patto di stabilità interno varato dal governo Monti. E' indicativo che questo calo coincida con l'entrata in vigore delle nuove norme sugli appalti e la crescente presenza dell'Anticorruzione guidata dal magistrato Cantone (un nuovo regolamento sulla trasparenza degli appalti è in vigore dal 20 agosto). Ciò che emerge in maniera drammatica è il buco nero della finanza locale. La Corte dei Conti ha accertato nei bilanci delle regioni un "rosso" di 33 miliardi da ripianare nei prossimi 30 anni. Senza contare gli oneri, tuttora in corso, dei contratti in strumenti derivati che sono stati utilizzati per molti anni al fine di creare artificiose entrate di cassa per "abbellire" i bilanci. In questa difficile realtà, il governo italiano chiede a Bruxelles di spostare il target del deficit 2017 dall'1,4% al 2,3%, pari a circa 9-10 miliardi. Non solo. Occorre ragionare in termini pluriennali visto che gli investimenti pubblici prioritari producono i loro effetti nel medio-lungo periodo. Vi sono almeno dieci opere prioritarie (tra le quali l'Alta velocità Napoli-Bari) già in corso la cui accelerazione determinerà nel 2017 un flusso di spesa pari a 11,1 miliardi compresa la manutenzione straordinaria della rete ferroviaria. Restano fuori bilancio (queste le richieste italiane durante il vertice trilaterale di Ventotene) le spese per gli investimenti culturali e per il costo dei migranti. Su questo ultimo aspetto, l'autorevole economista tedesco Hans Werner Sinn (presidente dell’Institute for Economic Research) afferma che "il principio di inclusione dovrebbe cedere i passo al principio del Paese d'origine. Nei paesi ospiti, "agli immigrati si dovrebbero garantire soltanto i benefit guadagnati in un sistema assicurativo che preveda premi correlati ai costi". Il welfare, per evitare il collasso e i disordini sociali conseguenti in tutta Europa, "non dovrebbe essere accessibile ai migranti economici". Il vertice intergovernativo di Bratislava del 16 settembre prossimo dovrà affrontare anche questo tema che, secondo Sinn, costituisce la motivazione di fondo di Brexit.