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Robot advisor, chi tutela il risparmiatore?


Guido Colomba

I big della gestione hanno deciso di affidarsi ai robot-advisor per il trading e le scelte di investimento. Che fine faranno i risparmiatori? Chi li tutelerà nel garantire la migliore scelta senza conflitti di interesse? L'indice del "Private banking" (PB-I base=100/2015) elaborato d Liuc-Banca Generali brilla di ottimismo tanto che nel 2016 ha raggiunto quota 108. Tuttavia, l'avversione al rischio non si concilia con i tassi che stazionano in prossimità dello zero con i conti-corrente bancari che vengono scelti in base al minor costo e non più sul rendimento. Certo, la ripresa dell'inflazione attenua un trend che dura da oltre cinque anni. Ma la reflazione non è uniforme e, in Italia, la ripresa dei consumi non si è ancora consolidata e vive a pelle di leopardo. Dunque, l'attività di gestione della ricchezza sembra alla vigilia di una grande metamorfosi. Si sta passando dalla globalizzazione incentrata sulle priorità geopolitiche, sulla diversificazione e la ricerca di "alpha" ad una nuova fase della ricerca. Giova di più la individuazione di alcuni cluster (filiere e prodotti) spesso più significativi degli indici azionari come si è visto per la moda e il design insieme ad alcuni rating (sostenibilità, etica, evoluzione politica). Il tutto affidato agli algoritmi delle intelligenze artificiali. Con quali strumenti le Autorità di Controllo (Sec negli Usa, Consob in Italia) intendono tutelare i risparmiatori individuando e bloccando "ab initio" i potenziali conflitti di interesse? L'interrogativo paradossalmente si lega con il tema delle diseguaglianze. Qui gioca la teoria delle “soglie”. Le diseguaglianze tendono a diminuire man mano che il benessere si diffonde ma si accentuano, come accade in questi anni, quando la globalizzazione "senza regole" assegna a chi crea o fa uso di piattaforme e software una ricchezza immensa. Sono poi i grandi gruppi (torna la teoria dell'oligopolio) a possedere i mezzi finanziari e gli strumenti intellettuali per trarre profitti che si accrescono anno dopo anno. I big della California (Apple, ecc.) hanno riserve di cassa superiori ai 110 miliardi di dollari. Lo stesso accade per le grandi banche internazionali che, nel 2016, hanno accumulato enormi guadagni nel binomio  trading-gestione. Nel frattempo la "middle class" perde potere e soprattutto diviene più povera e meno ricca. Uno studio del Fondo monetario internazionale (FMI) mostra come un punto in meno sul "coefficiente di Gini" (minore diseguaglianza) fa aumentare il PIL. L'inverso avviene quando aumenta la diseguaglianza. Una correlazione diretta che offre una valida spiegazione alla crisi e al rallentamento della crescita economica in Europa con effetti perversi nei Paesi dove il mercato dei capitali è più debole o inadeguato come l'Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia. La teoria delle "soglie" vale anche nei paesi emergenti. In Russia ad esempio, l'appiattimento verso il basso si confronta con l'emergere di gigantesche ricchezze a favore di una fascia ristretta della "casta". Con il risultato che il tasso di sviluppo è di molto inferiore al potenziale del Paese. A complicare la situazione vi è stato il ruolo delle banche centrali con una immissione pluriennale di liquidità mai vista nel passato. Gli effetti sono stati positivi (aumento dei bond e delle azioni) in termini finanziari. Non altrettanto per l'economia reale. Ora, le Banche centrali (Fed in testa) stanno invertendo il ciclo. Come cambieranno i meccanismi di mercato? Quanta influenza avranno i robot advisor? Sarà bene attrezzarsi per tempo.