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I derivati del Tesoro, "the moral hazard"


Guido Colomba

C'è voluto il coraggio della Corte dei Conti per sollevare il coperchio dello scandalo dei derivati acquistati dal Tesoro e causa di uno "spreco" gigantesco di soldi pubblici. Il tutto nel silenzio quasi generale della "casta" politica e burocratica. Perché Cantone, capo dell'Anticorruzione, non interviene? Eppure vi sono in ballo alcuni miliardi di euro. In Italia, l'argomento è tabù ma all'estero hanno fatto scalpore i rilievi della Corte dei Conti, sull'utilizzo dei derivati "impropriamente definiti di copertura, con perdite ingenti". Ne ha parlato ieri Rainer Masera, economista e banchiere (re: La Repubblica 12.06.17):" Dalle informazioni disponibili appare che il Tesoro si coprisse da potenziali aumenti dei tassi che l'euro ha viceversa allontanato". Esattamene il contrario di quanto imponeva la logica e la competenza tecnica. E' come se l'acquirente di un auto già coperta di assicurazione antifurto, stipulasse una seconda polizza molto onerosa. Durissima la critica di Rainer Masera verso queste operazioni che "non avrebbero mai dovuto essere consentite". Di qui il rilievo principale "sull'azzardo morale di scommettere contro le promesse dei governi" non solo in tema di risanamento della finanza pubblica ma soprattutto di "indiscutibile appartenenza all'euro con tassi di interesse stabilmente bassi". Riprendendo temi e vicende che ho già trattato su queste pagine, è sufficiente ricordare come, tra il 2011 e il 2012, lo Stato italiano, attraverso il Tesoro, ha versato (era presidente del consiglio Mario Monti con l'interim al Mef fino allì11 luglio 2012) alla banca d'affari Morgan Stanley l'astronomica cifra di 3,1 miliardi - quasi 61 miliardi delle vecchie lire - per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute. La Corte dei Conti ha contestato ai presunti colpevoli un danno allo Stato di 4,1 miliardi incaricando la Guardia di Finanza di acquisire ulteriore documentazione a via XX Settembre. Per i magistrati la banca Morgan Stanley è responsabile del 70% di questa cifra e per il 30% é colpa del ministero del Tesoro (Mef, Economia e Finanza). Nel 2011 la banca Usa aveva 18 contratti aperti in diverse valute pari a oltre 10 miliardi di euro, 2,2 miliardi di sterline, 1,1 miliardi di franchi svizzeri e 2 miliardi di dollari con durate dai 10 ai 40 anni. Dunque le ultime scadenze superano il 2050. Un trend di lungo periodo visto che, quando al Tesoro c'era ancora Mario Draghi, Morgan Stanley ottenne l'opzione di recedere, in relazione al rating sovrano dell'Italia, da tutti i derivati contratti con il Tesoro in presenza di una esposizione superiore ai 50-150 milioni di euro. Opzione puntualmente esercitata da Morgan Stanley diciassette anni dopo, nonostante il ruolo di "gestore del debito pubblico di lungo periodo" (la banca figura tra gli "specialist" insieme al Tesoro) ottenendo un guadagno gigantesco. Per la Corte dei Conti tutto ciò configura "palesi violazioni dei principi di buona fede nell'esecuzione contrattuale". Altre colpe, innanzitutto la "negligenza", sono addebitate dalla Corte dei Conti ai dirigenti del Tesoro (tutti regolarmente al loro posto e in stato di crescente prestigio loro riconosciuto dalla "casta") per avere firmato tutti i contratti e, in conflitto di interesse, anche i relativi decreti di approvazione. C'è di peggio. Si è continuato a firmarli anche dopo "aumentando il rischio per i contribuenti". Con il paradosso, evidenziato dalla relazione dei magistrati, che il Tesoro per sua ammissione non era nemmeno in grado di ponderare il rischio dei contratti che andava sottoscrivendo. Una "deferenza" che non trova alcuna giustificazione e dimostra la totale indifferenza degli alti burocrati dello Stato ai problemi reali del Paese e al disagio dei giovani e delle fasce più deboli.