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Troppe "fake news" che la politica diffonde agli italiani


Guido Colomba

Vi sono troppe "fake news" che la politica diffonde agli italiani mentre la disoccupazione dei giovani è salita al 35.5% con il tasso di formazione al minimo europeo del 7,3%. Due esempi. (1) Il referendum del 4 dicembre scorso ha dimostrato che agli italiani (main stream), alla prese con fallimenti (250mila artigiani in meno) e occupazione precaria, non interessava assolutamente (quasi il 60% di "no") la riforma della Costituzione. Si prefiguravano scenari ultra-negativi ed invece è arrivata la ripresa se pur modesta (+1,5% tendenziale del Pil). (2) Ora, lo scenario si ripete dipingendo la mancanza,"catastrofica" per la governatibilità del Paese, di una legge elettorale maggioritaria. Eppure, gli ultimi ventitre anni nei quali ha operato il sistema maggioratario rappresentano la fase peggiore della storia repubblicana con sprechi e corruzione che hanno fatto lievitare il debito pubblico a 2.280 miliardi di euro con una pressione fiscale salita al 43% (accompagnata da un tax rate effettivo del 67% ove si tenga conto dei tributi locali). Un risultato, "ottenuto" da governi sia di centro-destra che di centro-sinistra anche quando potevano disporre della maggioranza assoluta in Parlamento. Il Paese, come è sotto gli occhi di tutti, è paralizzato dai veti incrociati. Una filiera del "no" che si manifesta nel crollo degli investimenti pubblici (-38% in dieci anni) proprio mentre la crisi, scattata nel 2008, richiedeva un forte e immediato rilancio come volano della ripresa. Ciò dimostra che dietro i "diritti" delle innumerevoli minoranze si nascondono potenti lobbies. Un affarismo che ha pervaso la tragica vicenda degli immigrati (per fortuna il ministro Minniti ha bloccato l'assalto di molte Ong finanziate da interessi stranieri ottenendo il plauso europeo e non solo). Persino i tribunali amministrativi regionali (TAR) riescono a bloccare gli investimenti anche quando si realizzano in regioni differenti e lontane dalla singola competenza. A sua volta il Parlamento si distingue per una pessima produzione legislativa (sempre accompagnata da decreti attuativi in costante "lista di attesa") che aggrava la "governance" dell'economia e del welfare. Tutto ciò dimostra che il modello di legge elettorale non è l'unico punto di riferimento. Il vero problema è la mancanza di idee, di programmi di lungo periodo e di trasparenza per assicurare ai giovani e al Paese un periodo di grande ripresa. L'Italia è il secondo paese manifatturiero europeo dopo la Germania. Gode di un livello di esportazioni di altissimo profilo tecnologico. Vanta altre eccellenze (moda, arredamento, agroalimentare) che registrano crescenti successi in tutto il mondo. Il risparmio degli italiani è ai primissimi posti tanto che, in termini di debito aggregato (pubblico più privato), siamo al secondo posto dietro la Germania e davanti alla Francia. Il Pil dell'Italia supera del 10% quello della Russia, ricchissima di risorse naturali a cominciare dal petrolio e dal gas. Dunque, una forte ripresa dell'economia italiana è del tutto possibile. Come mai i media italiani (fatta eccezione per quelli specializzati) non narrano tutto ciò? Perchè solo in Italia l'internazionalismo buonista tende a privilegiare la teoria globalista del "no countries no borders" (niente nazioni e niente confini)? La nota incapacità della classe dirigente di difendere gli interessi italiani in sede europea e mondiale nasce in buona misura dalle risposte a questi due interrogativi. La crisi di strategia della Banca d'Italia (è stato regalato il mercato dei capitali domestico alle banche e ai fondi esteri) si è proiettata sulla classe politica. Ecco perchè occorrono "new policies" che sappiano coniugare i nuovi trend della geopolitica mondiale con gli obiettivi della crescita. I troppi provvedimenti a pioggia (re: Governo Gentiloni) non risolvono i problemi della formazione dei giovani strettamente connessa alla crescita della disoccupazione. Vi è una intera generazione da recuperare.