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Il voto tedesco mette a nudo il problema dei giovani


 
Guido Colomba
Forse il voto tedesco frena la corsa dell'euro. Tuttavia due riflessioni si impongono. (1) Il successore del ministro delle finanze Schauble, Jens Spahn, ha fatto il punto della situazione: "I cittadini si fanno domande e nutrono preoccupazioni cui non abbiamo saputo dare risposte soddisfacenti. E' già successo nel resto d'Europa ed ora anche in Germania". Con l'aggravante, ha aggiunto, che al Bundestag non c'era opposizione. A conferma che il problema non è disporre di grandi maggioranze (Grosse Koalition) ma di dare risposte alle diseguaglianze create da vent'anni di "mercatismo" ottuso. (2) La politica espansiva delle banche centrali (da 4000 a 16000 miliardi l'espansione dei loro bilanci) è giunta alla sua logica conclusione. La vicenda Ryan Air costituisce un chiaro campanello di allarme. Solo il Fondo svedese, Folksam (gestisce 40 miliardi), ha previsto nel maggio scorso il tracollo operativo di RyanAir (il titolo è precipitato in borsa) alla luce dell'alto numero di cause di lavoro e del pessimo modo con il quale veniva remunerato il personale nel totale rifiuto di riconoscere i sindacati. Paradossalmente, proprio la ripresa economica in atto ha fatto fuggire da RyanAir piloti e personale. In effetti, il "mercatismo", grazie a questi eccessi che ricordano il lavoro nelle miniere inglesi all'inizio dell'ottocento, ha riportato indietro di due secoli l'orologio della civiltà occidentale in termini di rispetto e tutela dei diritti individuali. Mario Draghi, presidente della Bce, pochi giorni fa ha ricordato che i "i giovani non vogliono sussidi ma un lavoro". Sul banco degli imputati c'é il precariato (orari di lavoro senza limiti e paghe sempre più basse) cui ha fatto da contorno il dumping organizzato dai Paesi Brics con la consulenza finanziaria delle grandi banche occidentali. La ricca California (il cui Pil supera quello del Messico) ha il record di una persona povera su quattro abitanti. Eppure, Wall Street continua a macinare record tanto che Netflix, il più piccolo dei giganti dell'hi tech, registra un rapporto tra prezzo di borsa e utili di duecentoventi volte. Sempre più si parla di pericolo "bolla" come quella "dot.com" scoppiata nel 2001 anche se le immense risorse finanziarie di queste società (Amazon, Apple, Google, Facebook, Netflix) non rendono accettabile il confronto diretto. Tuttavia, qualcuno comincia a prendere profitto su Netflix, coinvolgendo anche Facebook per i contraccolpi di un presunto coinvolgimento nello scandalo delle "fake news". Per il momento, i mercati hanno digerito con facilità il terremoto politico della Germania (il partito di Angela Merkel dovrebbe risalire del 27,8% per ritornare ai voti delle precedenti elezioni). Sta di fatto che l'analisi comportamentale è entrata nel ventaglio degli strumenti usati dai gestori per ponderare i rischi. Il cammino tra Europa e Stati Uniti sembra divergere semre più. Mentre Turmp punta ad alleggerire l'eccesso di burocrazia che ha pervaso il mondo finanziario, in Europa l'asse franco-tedesco riprende i fantasmi di Deauville dell'ottobre 2010 sulla rischiosità dei titoli pubblici con il rischio di aggravare gli squilibri eisistenti. L'euforia che ha fatto seguito al discorso di Macron per ora non ha mutato questa pericolosa deriva.