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Forse la globalizzazione selvaggia sta finendo.




Guido Colomba 

Forse la globalizzazione selvaggia sta finendo. Lo dimostrerebbe la decisione di Facebook di pagare le tasse dove il profitto si produce "Paese per Paese". I fautori del "mercatismo autoresponsabile" dovrebbero spargersi il capo di cenere bollente. Gli ultimi esempi dimostrano l'assuefazione del sistema globale ad un mondo senza regole. (1) Ryanair che minaccia i piloti poiché, in caso di sciopero, "non avranno né aumenti né promozioni"; (2) Ikea, considerato l'esempio splendido della trasparenza verso i consumatori, che licenzia una mamma con figlio disabile perché "ritarda al lavoro". Per ora le reazioni politiche e sindacali appaiono molto deboli. Nel frattempo, i giovani precari (oltre quattro milioni in Italia) vengono utilizzati a rotazione per poche ore a settimana con paghe di 250-300 euro al mese. In più vengono "dismessi" ogni sei mesi. Altro che ascensore sociale. Una situazione che si ripete anche in altri Paesi e che proietta una pericolosa sindrome di "rifiuto" della società. In Italia, l'assenteismo dal voto è una precisa e crescente conferma. L'Europa rischia l'implosione sociale. Non a caso i partiti tradizionali sono in crisi crescente. Accanto al dramma dei giovani vi è un altro pilastro, quello bancario, che rischia di essere marginalizzato. Il "reddito senza Stato" delle multinazionali high-tech ha portato molti a teorizzare che i ricavi dei "global players" non abbiano una fonte ma siano di fatto al di sopra delle nazioni. Una teoria che ha de-territorializzato il mondo. Le piattaforme "indipendenti" dei pagamenti on line offrono servizi di consulenza, gestione di portafoglio, investimenti alternativi. La potenza finanziaria delle multinazionali "globali" rende possibile una penetrazione capillare. Tutte iniziative che tolgono il tappeto sotto i piedi delle aziende di credito i cui margini continuano a diminuire, aggravati dal perdurare di tassi bassissimi. Ma anche i settori dei media e dell'editoria sono in grave crisi per una concorrenza senza regole estesa ai contenuti. Gli esercizi commerciali che chiudono, sono così frequenti che non fanno più notizia. Nel frattempo, vi sono segnali di un sistema che si avvia alla saturazione di questi fenomeni. I bitcoin, moneta virtuale "dal basso", fuori dal controllo delle autorità monetarie, in un anno sono saliti da 700 dollari a 17mila dollari (per la Sec vi è un "rischio truffa"). I promotori delle criptovalute sono una ristretta cerchia pressoché ignota (il 50% del trading arriva dall'Asia, il 38,6% è in dollari e solo il 5,3% in euro), e gestiscono una capitalizzazione superiore ai 180 miliardi di dollari. I derivati, appena avviati dalla Borsa di Chicago, aggravano il pericolo di una bolla che tanto assomiglia a quella dei tulipani olandesi nel 1637. Un secondo segnale è costituito dalla inflazione britannica, ai massimi dal 2012, arrivata al 3,1% mentre l'indice dei prezzi al dettaglio è pari al 3,9%. Un dato che anticipa il rialzo dei tassi più accelerato del previsto (oggi è il turno della Fed). Lo shadow banking registra cifre da brivido. Il nervosismo della Bce nel richiedere un ulteriore rafforzamento patrimoniale delle banche europee è verosimilmente basato su uno scenario in rapida evoluzione. Occorrono massicci investimenti nell'educational system e per ridurre il cuneo fiscale del lavoro giovanile, ricercando da subito la coperture finanziaria dai ricavi delle multinazionali globali. In merito, la riforma fiscale di Trump, pur contestata dall'Europa, va nella direzione di porre un freno a una situazione estremamente pericolosa poiché le ricerche più recenti dimostrano che le intelligenze artificiali toglieranno altri posti di lavoro sia nelle attività professionali che nei servizi. L'high tech non deve subire rallentamenti ma deve sottostare a regole comuni a tutti i paesi. E' questo il concetto alla base di uno "sviluppo sostenibile". L'Europa può salvarsi solo con una riforma fiscale che assicuri questo obiettivo (l'imponibile sottratto dalle "big five" è valutato 54 miliardi di euro nel triennio 2013-2015). Ciò significa che il governo italiano deve prendere al più presto una posizione decisa verso Bruxelles e comprensibile ai cittadini.